“Il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna”, ascoltiamo domenica – XXXII del Tempo ordinario – dal Secondo libro dei Maccabei.
Prima lettura
Ad affermarlo è uno dei “sette fratelli” martirizzati per la causa del Signore Dio d’Israele. L’episodio è collocato nel periodo in cui la Giudea è stata dominata dal crudele Antioco IV Epifane (167-164 a.C.), sovrano seleucide che ha promosso un’azione politica finalizzata a distruggere le tradizioni religiose giudaiche. Questo il contesto.
Avendo vista fallire la conquista dell’Egitto (168 a.C.), Antioco IV si dirige a Gerusalemme, la devasta, comincia a perseguitare gli ebrei, fa bruciare le sacre Scritture, depreda e profana il Tempio, vieta – sotto minaccia di morte – la circoncisione, l’alimentazione kasher e l’osservanza del sabato.
In questa fase, e prima della riconquista da parte di Giuda Maccabeo, si pone la narrazione relativa a una donna e ai suoi sette figli, colpevoli di non aver voluto mangiare carni suine per fedeltà ai loro princìpi religiosi.
Viene quindi descritto il processo in tutta la sua atrocità perché, via via, ognuno dei sette figli viene istigato a profanare la Legge con torture e mutilazioni corporali. Ma, sorretti dall’eroica fede della madre, tutti e sette accettano di morire, certi che “è preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati”.
Salmo
Anche il Salmo responsoriale Salmo 16 riguarda la supplica di un perseguitato.
Si tratta di David, in fuga dalla violenta crisi di gelosia impadronitasi del cuore e della mente di re Saul, che lo cerca per ucciderlo.
David allora si affida consapevolmente al Signore, che lo “ascolta”: il nemico non può prevalere, anche perché il Signore custodisce il Suo consacrato “come pupilla degli occhi”, espressione per dire che il Signore ne ha una cura paragonabile a quella che si ha per gli occhi, gli organi più delicati e più preziosi del corpo.
Seconda lettura
Circa la pagina della Seconda lettera di san Paolo ai Tessalonicesi (il seguito di quella ascoltata domenica scorsa), è interessante notare che questa volta sono i mittenti a chiedere ai destinatari di pregare per loro, e il motivo è sempre la causa del Vangelo, perché “la parola del Signore corra e sia glorificata”.
Come nella I lettura e nel Salmo, anche qui l’autore menziona gli “uomini corrotti e malvagi” probabilmente gli oppositori del Vangelo – dalle minacce dei quali auspica di essere liberato. Per sé e per i lettori, l’Apostolo annuncia tuttavia l’esito vittorioso perché fonda la certezza sul Signore che “è fedele” e per questo li “custodirà dal maligno”.
Vangelo
La pagina del Vangelo secondo Luca ci presenta l’incontro di Gesù con i sadducei intorno alla questione della risurrezione. I sadducei erano gli aristocratici della ‘casta’ sacerdotale e la loro peculiarità era quella di ritenere autorevole solo la parte della Bibbia coincidente con il Pentateuco.
In virtù di questo, non credevano nella risurrezione dei morti, ambito teologico che riguarderebbe altri libri della Bibbia, ma non il Pentateuco. Ciò che chiedono a Gesù in merito al caso della donna sposata sette volte, e al suo destino oltre la morte, non è mosso da sincero interesse, ma dalla volontà di ridicolizzare Gesù.
La questione è anche posta in modo preciso perché i sadducei si appellano al precetto del ‘levirato’ (Dt 25), secondo cui se un uomo muore senza aver generato figli, la vedova deve sposarsi con il fratello di lui e dare alla luce dei figli, dei quali il primogenito continuerà legalmente la discendenza del defunto.
Qui si pone il caso particolare di una donna sposata con sette fratelli, uno dopo l’altro, per ottenere da almeno uno di loro la continuità legale del primo marito defunto, ma non riesce ad avere figli. Dunque, “alla risurrezione, di chi sarà moglie?”.
La risposta di Gesù che ammutolisce i sadducei, e che conferma la risurrezione, viene fondata proprio su uno di quei libri studiati dai sadducei. Gesù cita infatti l’ Esodo (3,15) che presenta il Signore come “Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe” ovvero il Signore della vita che ha stretto un’alleanza eterna con quanti hanno risposto alla Sua chiamata.
Gesù non fa altro che additare la Scrittura, e i libri del Pentateuco in particolare, come punto di partenza per la verità sulla risurrezione. E il testo continua: “Dissero alcuni degli scribi: ‘Maestro, hai detto bene’”.
Il dialogo è iniziato con la provocazione dei sadducei e concluso con l’approvazione degli scribi. Non che Gesù abbia bisogno di esperti in sacra Scrittura (scribi) per confermare il più importante dei suoi insegnamenti – che è anche il fondamento del cristianesimo – , ma sembra volerci condurre ad apprezzare il fatto che già ‘da lontano’ nella Scrittura, ‘prima’ di lui, è annunciata la risurrezione dalla morte, seppure in modo velato.
“Dio ha sapientemente disposto che il Nuovo Testamento fosse nascosto nell’Antico e l’Antico fosse svelato nel Nuovo” (DV 14).
Commento a cura di Giuseppina Bruscolotti:
La professoressa Giuseppina Bruscolotti insegna Sacra Scrittura all’Istituto Teologico di Assisi. Originaria di Massa Martana, vive per lo più a Roma dove insegna Sacra Scrittura e Religione Cattolica. Scrive articoli di carattere scientifico su alcune riviste e il Commento al Vangelo della Domenica sul settimanale «La Voce». Tiene conferenze bibliche e organizza attività liturgiche e caritative con gli studenti romani.