FATEVI DEGLI AMICI
- Diceva anche ai discepoli: “Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi
In questa domenica la liturgia sofferma la nostra attenzione sul tema della ricchezza, caro a Luca, in quanto la sua comunità rilevava difficoltà a trovare equilibrio tra i beni materiali e le esigenze della sequela del Signore.
Gesù si rivolge non solo ai farisei, che nel brano precedente lo criticavano mentre Egli mangiava con i peccatori, ma anche ai discepoli.
Siamo coinvolti pure noi in queste parole che additano il percorso da compiere per essere davvero cristiani.
Nel raccontare la sua parabola, Gesù prende spunto da una situazione normale in Palestina. Vigeva, infatti, il sistema del latifondo. Spesso i proprietari erano stranieri e davano l’amministrazione dei terreni a persone esperte, non solo dipendenti, ma anche liberi professionisti, che disponevano completamente dei beni del padrone.
L’amministratore del racconto viene accusato di non essere oculato negli affari. Probabilmente era corrotto e utilizzava a suo vantaggio il potere che gli era stato conferito.
- Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore viene chiamato dal padrone. Non viene detto se sia vera o falsa l’accusa. Sta di fatto, però, che l’economo viene chiamato in giudizio e deve rendere conto del suo operato. In questo frangente perde l’onore, la reputazione e, con il lavoro, ogni sicurezza.
Anche a noi cristiani è stato affidato il dono del Battesimo del quale dobbiamo rendere conto: siamo capaci di vivere da suoi veri figli? Viviamo la fedeltà al Vangelo? Non temiamo di guardarci dentro e di scoprire la verità: sappiamo che in qualsiasi caso possiamo sempre contare sull’amore misericordioso di Dio, che non ci abbandona mai e che ci aiuta a convertirci.
- L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi
Luca introduce il dialogo che l’amministratore fa con se stesso. Nella sua situazione è sicuro che non gli venga più ripristinato l’incarico, neppure chiedendo pietà. Si trova sul lastrico. Egli non si sente di affrontare lavori umili e pesanti; si vergogna a mendicare: “È meglio morire che mendicare” (Siracide 40,28).
- So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
L’amministratore non demorde, non si abbatte. Trova con l’astuzia il modo per superare il suo tragico problema e si rivolge ai debitori del padrone per propiziarseli, per avere la garanzia di poter continuare a lavorare in futuro. Fa del bene agli altri per il proprio interesse personale.
- Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi? ”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Lo stile del dialogo in forma diretta costringe il lettore a misurarsi con la narrazione. L’amministratore chiama i debitori uno ad uno. Forse erano mezzadri che avevano chiesto un prestito, oppure persone in ritardo con i pagamenti, oppure ricchi mercanti abituati ad operazioni commerciali. Chiede loro di dire a voce alta l’ammontare del debito. Li fa sedere e fa loro correggere la quantità della merce acquistata, in modo che sia tutto regolare: era il debitore che scriveva di suo pugno il debito, come si usava in quel tempo.
Il primo debitore riceve uno sconto del cinquanta per cento, il secondo del venti per cento. Si tratta di una strategia per variare la narrazione.
Per capire l’entità del condono consideriamo che:
- 100 barili = circa 36 hl (la produzione di 140 ulivi);
- 100 misure di grano = circa 550 quintali (la produzione di 42 ettari di terreno).
- Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. 8. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della
Con questa parabola Gesù non ci insegna ad essere disonesti, ma ad essere scaltri, avveduti, furbi, non nel male, ma nel bene.
Se l’amministratore della parabola si è assicurato il futuro qui sulla terra, tanto più noi dovremmo essere accorti e previdenti per assicurarci l’eternità, confidando nella misericordia di Dio e compiendo opere buone.
L’amministratore ha concentrato tutte le sue energie di riflessione, di intelligenza e di avvedutezza per realizzare l’obiettivo della sopravvivenza dopo il suo “licenziamento”.
Anche noi dovremmo utilizzare le personali qualità di cui siamo dotati per conseguire la meta finale della comunione con Dio.
- Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore
Gesù invita chi è possidente a fare del bene ai poveri, sfruttando la ricchezza a favore degli altri, senza legarla ad un godimento esclusivamente egoistico e personale. Al momento della morte non porteremo con noi i beni, li lasceremo qui, ma i poveri, beneficiari della nostra generosità, ci aiuteranno ad andare in Cielo e ci accoglieranno nella dimora eterna: “Mio e tuo non sono che parole. Non aiutare i poveri è rubare: quanto possediamo non appartiene a noi, ma a tutti. Dio, all’inizio, non ha fatto uno ricco e uno povero, ma ha dato a tutti la stessa terra” (S. Giovanni Crisostomo).
- Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose
Se vogliamo conoscere la fedeltà di una persona a Dio, dobbiamo esaminare come si comporta nell’utilizzo dei beni e nell’amministrazione: senza compromessi, senza sotterfugi, senza disonestà, con attenzione ai poveri.
Paolo afferma: “Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Corinzi 4,1s). Pietro esorta: “Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio” (1 Pietro 4,10).
- Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12. E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Secondo l’uso rabbinico questo versetto rincalza il significato di quello precedente e lo amplifica. Non siamo chiamati ad essere “direttori di banca”, oppure “economisti”, ma a trattare quanto abbiamo con attenzione a chi ha di meno, con apertura alla condivisione verso i poveri.
Così ha fatto Gesù: ha condiviso con l’umanità, con noi, i tesori della sua divinità e ci ha permesso di entrarne a far parte!
Così ha fatto Dio Padre che ci donato il Figlio, senza trattenerlo per sé.
Così fa continuamente lo Spirito che effonde i suoi doni su di noi, basta che ci apriamo a chiederli e ad accoglierli.
- Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”.
Il monito finale esprime la necessità di compiere scelte radicali e convinte, senza compromessi. Nessuno riesce a servire due padroni in modo totale, nessuno può dividere il suo cuore fra due affetti: finirà sicuramente per trascurarne uno.
Il nostro intimo non può essere diviso. Il pericolo della ricchezza è quello di farci innamorare di sé, di attirarci nella spirale del desiderio sempre maggiore di accumulo. Dobbiamo, invece, diventare pronti, scaltri e risoluti nell’assicurarci nel tempo presente il regno di Dio.
Liberiamoci dalla cupidigia e dalla bramosia delle cose terrene. Diventiamo buoni amministratori dei doni ricevuti, utilizzandoli alla luce della Parola e della retta coscienza.
Domandiamoci: “Io chi voglio servire?”. La stessa domanda è stata posta da Giosuè al popolo ebreo: “Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire” (Giosuè 24,15). Scegliamo la via giusta dell’onestà, della rettitudine, della condivisione, ad ogni costo.
Decidiamoci ad amare Dio di un amore di preferenza assoluta. Sentiremo il suo amore e quello dei fratelli riempirci il cuore di tanta la gioia, che nessuno potrà mai toglierci.
Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia
Letture della
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Contro coloro che comprano con denaro gli indigenti.
Dal libro del profeta Amos
Am 8,4-7
Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 112 (113)
R. Benedetto il Signore che rialza il povero.
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R.
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R.
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. R.
Seconda Lettura
Si facciano preghiere per tutti gli uomini a Dio il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 2,1-8
Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.
Parola di Dio
Vangelo
Non potete servire Dio e la ricchezza.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16, 1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Parola del Signore
Oppure forma breve: Lc 16,10-13