“Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?”. È il dubbio che tormenta Giovanni in questi versetti, quel Giovanni, profeta dell’Altissimo, colui che è voce che grida nel deserto. È il dubbio di ogni credente. Nel momento più buio della vita ci si scontra con alcune certezze e ci si scopre non credenti, lontani e arrabbiati per quella fiducia che si credeva raggiunta ma che in realtà richiede uno sguardo diverso, un’attitudine diversa, un varcare la soglia.
Giovanni si chiede se è proprio Gesù quell’uomo di cui lui stesso ha profetato nel deserto, di cui è stato testimone: un uomo che “viene dopo di me e mi è passato avanti perché era prima di me”, “colui che toglie il peccato del mondo” (cf. Gv1,29). Se così non fosse vana sarebbe stata la sua predicazione, vana ogni sua ragione di vita. Nella sua situazione di abbandono crolla appunto l’immagine di un uomo atteso quale Messia, un liberatore, crolla l’immagine di giudice severo che “pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con fuoco inestinguibile” (cf. Mt 3,12; Lc 3,17). Di lui aveva detto “viene uno che è più forte di me”.
Nel sentirsi abbandonati si sperimenta il limite, la debolezza ma avere il coraggio di esprimerla è segno di fiducia. Anche noi ci lasciamo intrappolare dalle nostre immagini distorte di Dio, della fede, degli altri a noi più prossimi ma avere il coraggio di varcare la soglia delle nostre aspettative o pretese ci fa entrare nella fede profonda talvolta a caro prezzo. Ogni dubbio se ascoltato può alimentare la fede.
Giovanni si affida a Gesù perché sa che solo il Signore può dare risposta alla sua domanda. Gesù non risponde mai con un sì o un no come nei quiz. Gesù risponde andando al cuore della sua identità di Figlio dell’Uomo. È la sua qualità di Figlio che dice chi egli sia e questo non lo dobbiamo dimenticare.
Gesù risponde con azioni e parole: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano…. ai poveri è annunziata la buona novella “ (vv. 22). Dalle azioni alle parole di beatitudine “beato chi non si scandalizza di me!” che possono essere comprese solo da chi si è lasciato guarire, convertire lo sguardo. È lo scandalo della misericordia e del bene che opera sulla cattiveria, l’emarginazione, l’indifferenza!
Ora la domanda la pone Gesù: “Che cosa siete andati a vedere?” (v.24). Domanda che scuote il credente e fa prendere coscienza dell’identità vera di Giovanni il Battista a tutti coloro che dubitano del suo annuncio. Pur nella diversità entrambi hanno aperto la strada all’incontro tra Dio e il suo popolo. Giovanni annuncia, come Gesù, la buona notizia per la remissione dei peccati, per un cammino di conversione. Giovanni con parole violente, predicando l’austerità nel cibo e nel vestito; Gesù con parole di misericordia, con il mescolarsi tra i peccatori mangiando e bevendo con loro.
Gesù ci riporta al nostro vedere, al nostro sguardo. Che cosa vediamo nel nostro cercare? La risposta non è in ciò che vorremmo vedere ma in ciò che si rivela a noi nella concretezza spesso spietata della nostra esistenza. La nostra attesa del messia con questo sguardo cambia, diventa apertura, accoglienza dell’inaudito, dell’insperato, del gioioso stupore che bene condiviso.
sorella Francesca
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Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7, 31-35
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Parola del Signore