Gesù, dopo avere proclamato la Parola nella piccola sinagoga del suo paese, si appresta a dire alcune parole di commento, come era abitudine fare. Ma, certo, nessuno si sarebbe sognato di inventarsi alcunché: era prudente ripetere alcune delle frasi usate dal rabbino per commentare la Torah: lui aveva studiato.
Gesù, invece, sbalordisce tutti, affermando che la profezia di Isaia si è realizzata, attualizzandola, dicendo a tutti di essere pieno di Spirito, di sentirsi chiamato ad annunciare la buona notizia. Apriti cielo! Ma chi si crede di essere? Come si permette di interpretare la Scrittura?
La tensione sale (ci sono sempre i pretoriani della fede che minacciano morte) ma Gesù riesce a cavarsela. Luca ci racconta in che modo Gesù medita la Parola: facendola vibrare con la propria vita, mettendola in sintonia con le proprie scelte, applicandola ai propri sentimenti e alle proprie emozioni.
Leggendo Isaia lascia uscire il piccolo Isaia che c’è in ognuno di noi e vede intorno a sé la profezia che realizza, spalanca il proprio cuore alla sua realizzazione. Imparassimo anche noi a lasciar vibrare così la Parola in noi!
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Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio… Nessun profeta è bene accetto nella sua patria.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4, 16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore