Intelligenti amministratori del capitale di Dio
Sabato della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
La parabola, divisa in tre scene, disegna la cronotappa dell’esistenza cristiana che inizia con la consegna del Vangelo affidata alla Chiesa da Gesù crocifisso e risorto, continua con la descrizione della risposta dei cristiani alla missione loro affidata per poi concludersi con il giudizio finale.
Tutto si gioca sul modo con il quale si interpreta l’incarico ricevuto nella vita quotidiana in cui si rivela il grado di responsabilità che si è maturato.
Tutti e tre i servi sono destinatari di fiducia da parte del loro signore che li conosce e affida i talenti in base alle loro capacità. Il Signore non affida responsabilità più pesanti rispetto alla nostra capacità. Tuttavia la differenza nella quantità di talenti affidati non è un giudizio di valore sui servi, ma è la serena constatazione di dati di fatto.
La vera differenza consiste non nella quantità di ciò che si è ricevuto, ma nella qualità della responsabilità nell’amministrazione, se cioè si è contribuito a costruire e accrescere il Regno di Dio oppure non si è fatto nulla di buono così da renderlo inutile e infruttuoso.
La gioia del padrone consiste appunto nel veder crescere il capitale affidato ai suoi servi che, fedeli al loro Signore, hanno interpretato correttamente il suo desiderio e hanno tradotto in gesti concreti d’amore la missione loro affidata.
La differenza tra i primi due servi e il terzo consiste anche nel rischio che coloro che hanno ricevuto di più hanno corso rispetto a quello che ha nascosto nel terreno l’unico talento ricevuto. Fare il bene comporta sempre un rischio perché è un investimento fatto non per il proprio interesse ma per quello del Signore. Il terzo servo è malvagio perché si è mostrato indifferente alla volontà del Signore e reticente rispetto all’incarico ricevuto.
Il servo fedele dice di sé di essere servo inutile quando non fa il suo interesse ma quello di Dio; il padrone dichiara il servo malvagio anche inutile perché l’unico vero fine per il quale vivere è fare la volontà di Dio.
Si può essere servi fedeli solamente se si accetta di fare l’“interesse” di Dio sacrificando il proprio. La fedeltà consiste nel non perdere mai di vista la volontà di Dio e nell’investire tutte le risorse da Lui ricevute per accrescere il suo Regno.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
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Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 25, 14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Parola del Signore