Bisognerebbe ammettere che siamo fuori tempo, spesso. Troppo spesso. Fuori tempo, fuori sincrono. Legati al passato per criticare il presente, soprattutto nella Chiesa. Legati al Papa di prima, al vescovo di prima, al parroco di prima.
Quelli che, quand’erano in carica, criticavamo rifacendoci a quelli prima di loro. E tutti a dirci che i profeti che la Chiesa, a volte con leggerezza, non riconosce o, peggio, perseguita, li avremmo certamene riconosciuti noi, oggi. E, come dice bene Gesù, innalziamo monumenti ai Savonarola di turno, allora bruciati al rogo, oggi beatificati.
È che, come bene dice il vangelo, dobbiamo ammettere che dobbiamo impegnarci di più, dimorare nell’umiltà senza dover sempre voler apparire, anche noi, anche nella Chiesa. Come se fossimo in qualche modo diversi, migliori, cattolici, certo, ma particolarmente preparati e reattivi. Invece, suggerisce Gesù, è meglio dimorare nella verità, nell’umiltà.
No, non sappiamo sempre riconoscere per tempo la profezia. No, non sappiamo davvero lasciare la nostra vita in mano all’impetuosa azione dello Spirito.
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Siete figli di chi uccise i profeti.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23, 27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Parola del Signore