«Io vi dico che fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni»: questo elogio straordinario – sia pure temperato dalla successiva restrizione riguardante la nuova èra di Cristo dopo quella profetica («il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui») – può riassumere il rilievo che Luca riserva al Battista (7,28). È lui solo, infatti, a rievocare la storia di quella donna, Elisabetta, che l’aveva generato e che aveva dato l’avvio a una vita destinata a guidare Israele a Gesù. Questa volta noi metteremo in scena un’altra e ben diversa donna, colei che porrà fine alla vita di testimone e profeta del Battista. Il suo nome appare solo in una breve nota che l’evangelista appone all’ingresso di Giovanni sulla ribalta del Giordano. Eccola: «Il tetrarca Erode, rimproverato dal Battista a causa di Erodiade, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso, aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione» (3,19-20).
Giovedì 29 agosto la liturgia commemora lo sbocco finale di questa ostilità del re Erode Antipa nei confronti di Giovanni, cioè la sua decapitazione nel carcere della fortezza di Macheronte, su un’altura della costa orientale del mar Morto. A narrarci questo martirio sarà soprattutto Marco in un racconto quasi in presa diretta (6,17-29), seguito anche da Matteo (14,3-12). Luca si accontenta solo di citare l’artefice nascosta di questo esito tragico, Erodiade, coadiuvata da sua figlia.
Il re Erode, infatti, si era invaghito di sua cognata, Erodiade appunto, sposa di suo fratello Filippo dal quale aveva avuto una figlia bellissima, Salomè. La legge biblica era chiara: «Non avrai rapporti sessuali con tua cognata… Se uno prende la moglie del fratello, è un’impurità» (Levitico 18,16; 19,21). Nel silenzio complice dei sudditi, l’unica voce che si era levata forte e chiara era stata quella del Battista: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello!» (Marco 6,18). Erode temeva quel profeta e il seguito che aveva tra la folla; non osava, perciò, farlo tacere per sempre. L’aveva solo rinchiuso in quel carcere-fortezza, costruito da suo padre, Erode il Grande, ove non di rado trascorreva alcuni periodi nel settore nobile del palazzo.
Fu in occasione di uno di quei soggiorni che Erodiade escogitò un piano diabolico per eliminare una figura c osì fastidiosa. È noto a tutti quale sia stata questa sua manovra attuata attraverso sua figlia, gradita a Erode Antipa e convinta a chiedere come dono proprio la testa di Giovanni. Come accade non di rado anche nell’Antico Testamento, non mancano figure femminili che rivelano il male che c’è nella creatura umana quando si lascia trascinare dal piacere e dall’odio. Ma, come dirà in una sua omelia don Primo Mazzolari, la testa decapitata del Battista sul vassoio parlerà ancor più fortemente di quando era sul suo collo. Gli archeologi, soprattutto l’ungherese G. Vörös, sono riusciti a mettere in luce le rovine della fortezza di Macheronte ove si era consumato quell’omicidio, ricordato anche dallo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio, di pochi anni posteriore a Cristo e al Battista, nella sua opera Antichità giudaiche.
Fonte: Famiglia Cristiana