Venticinquesima domenica durante l’anno
- Prima lettura: Am 8, 4-7
- Seconda lettura: 1 Tm 2, 1-8
- Vangelo: Lc 16, 1-13
Scaltrezza sì, ma per il Regno!
A me il Dio di Gesù ha cambiato la vita.
O rovinata, fatr voi.
È che, frequentandolo, uno impara chi è lui “dentro”, quale immenso progetto di amore Dio ha sull’umanità. E allora tutte le cose, o quasi, cambiano, acquistano una coloritura diversa.
Incontrare Dio, il Dio di Gesù, significa cambiare ordine alle cose, priorità alla vita, energia alle scelte.
In questo senso i discepoli, in qualche modo, incidono nella storia.
Incidono (o potrebbero) nella storia reale del nostro paese inquieto e alla deriva, che abbandona la profondità del messaggio evangelico per lasciarsi sedurre dal gossip di turno, che scorda l’essenziale trasmesso dai padri (?) per cedere ad una logica piccina e opportunista, superficiale ed inquietante.
Come hanno giustamente ricordato i Vescovi italiani, si sta sbriciolando quel senso di appartenenza e di solidarietà che il popolo italiano aveva ereditato dal cristianesimo.
E uno dei problemi concreti che dobbiamo affrontare è quello di un’economia che, indifferente ad ogni etica, assetata solo di guadagno, sta mandando al macero milioni di sogni, di valori, di persone.
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La Parola che illumina
Tutti, se seriamente avvinti dal Maestro, se affascinati dal suo Vangelo, portano una domanda conficcata nel cuore: come cambiare il destino del mondo? Come arginare la deriva dell’economia che spazza la dignità degli uomini, come evitare questa spietata e indolore dittatura del capitalismo?
In altri tempi ci sono state altre risposte, da parte dei discepoli del Risorto: comunità solidali, la carità come dimensione necessaria alla vita interiore, opere di carità, ospedali. Altri tempi, ambigui, forse, ma evidenti, leggibili, rintracciabili: un padrone cristiano era tenuto a comportarsi prima da cristiano e poi da padrone.
Ma ora tutto è complesso, contorto: la new economy, la globalizzazione, il mercato che impera e divora, un sistema basato sul guadagno, costi quel che costi, e di lì organizza la politica, le guerre, pianifica il futuro. Come fare, noi cittadini del mondo?
Tracce
Il Vangelo di oggi una traccia ce la lascia, debole, come quella lasciata dalle lumache.
Prima considerazione da fare: la ricchezza, il potere, non sono questioni di portafoglio ma di cuore, non di quantità, ma di atteggiamento. Nessuno di noi risulta fra i “grandi” del mondo, e questo potrebbe falsamente rassicurarci. Anche con poco possiamo avere un atteggiamento di attaccamento ai beni che ci distoglie dall’obiettivo della nostra vita che è la pienezza del Regno.
Amos, nella prima lettura, guarda alla situazione del suo tempo con amarezza: un potere corrotto e un’ipocrisia diffusa osservano le pratiche religiose permettendo l’oppressione del povero.
Quanto tristemente attuale è questa pagina: davanti alla perfida logica del capitalismo in cui vince il più forte, la nostra coscienza cristiana deve reagire; non certo ricorrendo a pie elemosine ma affrontando con onestà la realtà per proporre nella concretezza un’economia in cui prevalga l’uomo e la persona sul capitale, una economia meno capitalista e più personalista, che metta al centro la persona, non il profitto.
Studi economia e commercio? Perché non discuti una tesi sulla realizzazione dei principi cristiani nell’economia? Hai un’attività commerciale? Che relazione hai con l’equità e la giustizia? Sei chiuso nei tuoi interessi? Perché non sfogli qualche pagina di stampa alternativa (Oggi la stampa che si allontana dall’ombelico Italia è diventata “alternativa”!) per sapere che un Nigeriano guadagna in un anno 100 Euro e che in Pakistan il 50% dei bambini è sfruttato con lavori pesanti e logoranti perché costano meno? La conoscenza è il primo passo verso la condivisione! Occasioni di condivisione, poi esistono continuamente.
Paolo ammonisce a non pensare che la fede si occupi solo del sacro. Fino a che la fede non diventa contagiosa, illuminante, strumento per costruire un mondo nuovo, non abbiamo realizzato il Regno.
L’amministratore disonesto
L’amministratore delegato della parabola è lodato da Gesù per la sua sagacia (non per la sua disonestà!) e Gesù sospira tristemente: “Se mettessimo la stessa energia nel cercare le cose di Dio!”; se mettessimo almeno la stessa intelligenza, lo stesso tempo, lo stesso entusiasmo che mettiamo nell’investire i nostri risparmi anche per le cose di Dio! La scaltrezza dell’amministratore è l’atteggiamento che manca alle nostre stanche comunità cristiane: pensiero debole che si adagia su quattro devozioni e un po’ di moralismo senza l’audacia della conversione, del dialogo, della riflessione.
Io, discepolo, posso vivere nella pace, ma anche nella giustizia: libero dall’ansia del denaro, libero da mammona, per essere discepolo.
Ecco, la sostanza è questa: se sono discepolo di Cristo so quanto valgo, so quanto valgono gli altri e vado all’essenziale nei miei rapporti, dall’onestà nello svolgere il mio lavoro, alla solidarietà, ad uno stile di vita retta e consona al Vangelo. Chi è il padrone dell’umanità? Dio? O la ricchezza?
Ricchezza che oggi ha mille seducenti nuovi volti: mercato, profitto, auto-realizzazione.
Gesù non è moralista: il denaro non è sporco, è solo rischioso perché promette ciò che non riesce a mantenere e il discepolo, il figlio della luce, ne usa senza diventarne schiavo.
Concludo unendomi a Paolo, mio patrono e fratello nella fede. Rileggete l’invito fatto a Timoteo, preghiamo con fede, alziamo al cielo mani senza contese, invochiamo il dono della pace per la nostra terra, impegniamoci a trascorrere una vita tranquilla, con tutta pietà e dignità.