Tracciare solchi in cui seminare la pace
La liturgia della Parola di questa domenica si apre con l’invito a rallegrarsi perché Dio sta per intervenire per restituire al suo popolo la pace e la gioia di vivere. Commovente è l’immagine della mamma che consola i propri figli accarezzandoli e tenendoli in braccio per rassicurarli e donare loro la forza di superare il dolore del momento. La parola della madre e i suoi gesti di tenerezza infondono speranza in un contesto di sofferenza. La tenerezza guarisce la tristezza! Nella seconda lettura Paolo, parlando ai Galati, accenna alla sua esperienza di Gesù. Anche lui sperimenta tanti fallimenti ma testimonia che il suo vanto non consiste nell’elencare i successi conseguiti, quanto invece nel vivere con Gesù la sua passione d’amore che lo rende veramente una nuova creatura.
La passione di Cristo non è solo un fatto storico, ma il modo con il quale Dio continua a riversare sul mondo la sua pace come un fiume di grazia che permette all’uomo di vivere le prove della vita non come un lento stillicidio che consuma, ma come un’esperienza che rigenera e rende “nuova creatura”. Il vangelo che Paolo annuncia non è un evento futuro, ma un fatto che tocca la sua vita presente. Così sono anche i missionari inviati da Gesù in ogni direzione della terra, cioè sono chiamati ad essere evangelizzatori in ogni situazione della vita perché il vangelo possa fecondare la terra, spesso dura e secca, dell’ uomo. In particolare il compito del cristiano è quello di essere missionario. È inviato da Dio come operaio nel Suo campo. I discepoli di Gesù non sono semplicemente quelli che gli vanno dietro ma anche coloro che sono mandati avanti a preparargli la strada e l’incontro personale. Il missionario non porta se stesso e non possiede la ricetta pronta per la soluzione dei problemi, ma prepara l’accoglienza del Signore. Il suo strumento è l’aratro per tracciare i solchi nei quali Dio semina la sua Parola e avvia processi generativi. Il missionario si prepara con la preghiera perché si disponga nei confronti di Dio con umiltà e fiducia e nei confronti degli uomini con coraggio e speranza.
Il missionario non è uno sprovveduto, né un ingenuo, ma è un uomo che si lascia guidare solamente dalla voce del Maestro e non ha altro obbiettivo se non quello di permettere, per quanto dipenda da lui, l’incontro con il Signore. Il suo corredo non è quello di chi si accinge ad affrontare la vita lottando per affermare se stesso o per realizzare i propri progetti e trovare argomenti per vantarsi, oppure per trovare una collocazione nella scala sociale. I missionari sono poveri di strumenti nelle mani di un Dio povero; devono accettare l’insufficienza delle loro capacità e competenze per confidare unicamente nella grazia di Dio per lasciarsi ispirare nient’altro che dall’amore per l’altro. La consapevolezza della propria fragilità, congiunta alla fiducia nell’aiuto di Dio, fa del discepolo di Cristo un missionario che osa sfidare la paura e non un semplice burocrate della religione che, fatto il suo dovere, pensa ai fatti propri. L’annuncio del vangelo, cioè della notizia che Dio si fa prossimo all’uomo sia nella sua condizione di gioia e sia in quella di dolore, dà la forma alla relazione che s’instaura tra il missionario e la gente che incontra. A tutti va portato il profumo della misericordia di Dio in modo che coloro che si lasciano raggiungere desiderino gustare e vedere quanto è buono il Signore.
Certo, la gioia di vedere vincere l’amore sull’odio, la concordia sulla concorrenza, la comunione fraterna sulla contrapposizione, coinvolge in un’unica festa Dio e gli uomini. Tuttavia Gesù ricorda che la beatitudine da raggiungere è quella di vedere i nostri nomi scritti nel libro della vita. Ci sarà un momento nel quale noi serviremo Dio e ameremo i fratelli non tra le strade polverose del mondo ma nel cielo da dove accompagneremo e sosterremo gli altri compagni nella loro missione sulla terra.
Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Qui puoi continuare a leggere altri commenti al Vangelo del giorno.
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9, 14-17
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
Parola del Signore.