Per passare all’altra riva insieme al Signore Gesù dobbiamo avere il coraggio di fuggire la visione di una fede che diventa nido, rifugio, fuga dal mondo violento che ci mette in difficoltà.
Troppe volte le nostre parrocchie, invece di diventare un porto di mare che offre rifugio alle tante vite in difficoltà, diventano dei piccoli ghetti autoreferenziali, impermeabili al mondo reale, tutte ripiegate su loro stesse, incapaci di essere testimoni di alcunché.
Per diventare discepoli il Signore ci chiede di lasciare il clan, la retorica familista, il gruppo in cui si sta bene ma che rischia di diventare un gran cimitero, senza idee, senza scosse, senza sussulti.
Il Signore ha bisogno di persone che, come lui, non abbiano dove posare il capo, che sappiano osare, andare oltre, andare oltre le simpatie e le parentele, le logiche dello star bene nel gruppo dei pari, per costruire un modo alto e altro di essere umanità attraverso l’esperienza della Chiesa.
E la richiesta del Signore mette in grave difficoltà la nostra idea di un cristianesimo sociale, che si adatta all’aria che tira, che non scuote troppo le coscienze, che conferma le nostre piccole certezze…
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Seguimi.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 8, 18-22
In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva.
Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».
Parola del Signore.