“Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”.
È bello pensare che la preghiera vera non è il trionfo delle mille parole messe lì per riempire il tempo che non passa mai, l’esperienza imbarazzante del silenzio, e lo scandalo dell’incontro con la Luce di Dio che illumina quello che siamo così come siamo.
Delle volte usiamo la preghiera per tenerci lontani dall’incontro con Dio. Parliamo noi per paura di dare la parola a lui. Domandiamo e rispondiamo da soli così da ricavarci una fede a nostra immagine e somiglianza.
Ricordo che da bambino, quando ero al seminario minore, un padre spirituale ci diceva: “Ragazzi quando vi mettete davanti al tabernacolo a domandare qualcosa al Signore, dategli il tempo di rispondere!
La nostra preghiera infatti molto spesso è solo lo spazio delle nostre domande, delle nostre parole, dei nostri ragio namenti, dei nostri bisogni. E anche se ci fa bene raccontare a lui tutto, è pur vero che Gesù ha perfettamente ragione nel Vangelo di oggi a dirci che il Padre già conosce tutto di noi, e non ha estrema necessità che diciamo proprio tutto noi.
Invece la preghiera che conta è quella che lui ci ha insegnato, perché è una preghiera che inizia con una parola che cambia tutto, la parola (‘Padre)). Infatti se la preghiera non serve innanzitutto a ricordarti che stai parlando non semplicemente a Dio, ma a Chi ti ama come un Padre e ti considera come un figlio, allora non serve a molto.
E questo perché se ti dimentichi che è tuo Padre allora passi il tempo con l’ansia di convincerlo, ma se ti ricordi che è tuo Padre allora cresce in te una fiducia che è già una immensa consolazione. Ma è anche bello pensare che se la preghiera che conta inizia con la parola “Padre)’ la preghiera che conta deve infine portarci ad assomigliare a lui. Ed è il perdono la cosa che ci fa somigliare di più a nostro Padre.
Voi dunque pregate così.