L’erotismo della voce
La botta finale, quella che sta per colpire la ciurma amica, produrrà l’effetto di un colpo d’artiglieria pesante: materia di cruccio, complimento di sconforto. Il più nefasto degli abbandoni, una maledizione: “Dio mi ha abbandonato!” Cristo lo sa: ciò che avverte è la responsabilità d’avvisare, di preparare i cuori al distacco, rifinire l’allenamento prima di farli entrare in campo a giocare la partita della vita: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà, noi verremo a lui, prenderemo dimora presso di Lui».
E’ cosa buffa: quand’era vivo, mai affittò o ebbe una casa di proprietà, dove poter poggiare il suo capo la sera. Quando si farà da parte, per lasciare che il mondo cammini da solo, – «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi» – ha già deciso che si farà ospitare da chi amerà e osserverà la sua parola. Lui è Parola che si fece carne: amare la Parola, dunque, sarà amare Lui. Sono un tutt’uno, uno strizzacervelli: Lo amo se osservo il Dio-Parola, l’accolgo se Lo amo. «Verremo, prenderemo»: verbi coniugati alla prima persona plurale, gesti di arrivi e di ingressi, l’annuncio di compagnia. La Trinità-ambulante, in quel giorno, siederà a tavola: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Dio ripianterà la sua tenda.
Sono parole-in-partenza quelle del Cristo: testamento, raccomandazione, confidenze. Sicurezze. Parole rivolte al futuro, che nessuno intravede, dunque difficili da ricordare. Nessuna paura, anche a quello hanno già pensato loro tre, la Trinità-premurosa: «Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Lo Spirito è la memoria della Trinità: in caso di amnesia, verrà messa disposizione di tutti quelli che ne avranno necessità: allora si andrà alla ricerca dei ricordi usando la memoria di Dio.
“Hai una memoria da Dio, non ti sfugge nulla” dirà la gente. Nel frattempo – che è il tempo della dipartita, della ferita – resta un salvagente: che nessuno sospetti l’abbandono di Dio. Ecco la sua presenza, quella costruita per il tempo dell’assenza: «Vi lascio la pace, la mia pace». E’ materia strana la pace del Cristo, non assomiglia in nulla a quella del mondo: quaggiù fare-pace è fare in modo che i problemi vadano risolti. Per lui dare-la-pace è l’annunciazione che Lui sarà con noi nei nostri problemi. E’ uno stratega irresistibile il Dio cristiano: «Far una guerra è la cosa più semplice del mondo – scrive il poeta V. Butulescu – E’ quando si vuol fare la pace che cominciano i guai». Il fatto triste – è il modo di ragionare di Gesù – è che noi ci prepariamo alla guerra come dei giganti, alla pace come dei pigmei.
E’ per questo che, prima di partire, ci lascia in eredità la sua pace: pace-preventiva, quella del cuore, pace senza la quale nessun’altra è mai possibile. Pace da usarsi in tempi di tregua, d’apparente assenza di conflitti. A volte la pace è più stressante della guerra: è vero che non spara nessuno ma son tutti lì a prendere la mira. Per questa stagione Cristo ci lascia in dote la sua pace. E’ vero: potrebbe rimanere Lui, non servirebbe la pace. E’ pur vero, però, che se rimanesse Lui l’uomo non prenderebbe mai l’iniziativa: s’addormenterebbe, si lascerebbe trasportare, affiderebbe ad altri il timone della sua barca. Iddio parte perchè l’uomo parta, è legge d’amore: amare è farsi da parte, cedere il passo, a bordocampo far dipendere il tuo destino dalle gesta dell’atleta che hai allenato.
Cristo è allenatore di fuoriclasse genetici. E’ padre-madre che sogna di dare alla luce un bambino che, un giorno, possa chiedere: “Mamma, cos’era la guerra?” perchè ha visto solo la pace. E’ per questo che dona la sua pace, «non come la dà il mondo». La pace del mondo è storta: viene sempre dopo una guerra. La pace di Dio fa le capriole, è una pace rovescia, di prevenzione: «Se vogliono la pace – scriveva un uomo di guerra come Napoleone – le nazioni dovrebbero evitare le punture di spillo che precedono i colpi di cannone». Satana, quando c’è pace, è un disoccupato. E’ l’avvisaglia d’Iddio: tu puoi dare solo la pace che hai. Puoi averla solo se la dai.
don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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