Il Vangelo di questa domenica di Pasqua ci riporta nel cuore del Cenacolo, della notte in cui Gesù viene consegnato da Giuda. La liturgia ci invita a rileggere in una modalità “trasfigurata” i fatti e le parole di Gesù di quell’ultima sera.
Giuda, il traditore, è uscito dal cenacolo, luogo di comunione e di amore, verso le tenebre del male e della falsità, per lasciare Gesù “nelle mani dei peccatori” (Mc 14,41). Ciò che in una prospettiva semplicemente umana viene letto come una sconfitta e un tradimento, alla luce dei fatti della Pasqua, dopo i quali Giovanni compone il suo Vangelo, ci fa ben comprendere le parole di Gesù, che sembrano andare in tutt’altra direzione. Il Figlio di Dio, infatti, non subisce una sconfitta, ma la più grande vittoria: Egli viene glorificato.
Giovanni in soli due versetti, utilizza per ben 4 volte il verbo “glorificare”, per sottolineare come gli eventi della Pasqua, con la sua dose di sofferenza, di lacrime e sangue, non siano altro che il passaggio verso la gloria. Questa gloria non è da intendersi come quella che offre il mondo, con l’affermazione di sé, il rumore degli applausi e lo scintillio dei riflettori, ma è una gloria che profuma di pace, di luce eterna e di amore.
Non è un caso che Gesù, subito dopo aver parlato della sua glorificazione, consegni ai discepoli come suo testamento, il comandamento nuovo. Il distacco fisico da lui, non è definitivo, perché il vincolo dell’amore supera le barriere del tempo, dello spazio e persino della morte. L’amore che i discepoli vivono vicendevolmente, dona loro la vera identità e li conserva in quella comunione profonda ed eterna con il Maestro. L’amore dei discepoli, certo, non può eguagliare quello del Maestro, ma ne diventa il riflesso e l’effetto.
Chi non è capace di donare agli altri l’amore, cioè di metterlo in circolo, dopo averlo ricevuto da Lui, probabilmente non accoglie fino in fondo neanche l’amore di Gesù.
Il modo in cui noi, come cristiani ci amiamo, diventa lo specchio della gloria di Dio, offrendo all’umanità una via nuova: dall’amore della gloria, solo umana e terrena, alla gloria dell’amore divino.
Fonte – il blog di don Luciano