Amatevi gli uni gli altri
Il vangelo di questa 5ª domenica di Pasqua ci parla della glorificazione di Gesù, avvenuta attraverso la sua passione, morte e risurrezione. Per il quarto vangelo, infatti, anche la passione e la morte sono glorificazione di Gesù, non fallimento o fine tragica, perché in esse più che mai Gesù mostra il suo amore e riceve gloria proprio dall’aver amato «fino alla fine, fino all’estremo» (cf Gv 13, 1): la gloria di Gesù è gloria dell’amare! Nella risurrezione di Gesù, dunque, possiamo vedere l’amore totale, perfetto del Signore, che vince la morte per sempre.
Orbene, il brano del vangelo ci ricorda che Gesù nel cenacolo, al termine della sua ultima cena, aveva indicato al discepolo amato, chinato sul suo petto, l’identità di chi stava per tradirlo: Giuda, uno dei Dodici. E tuttavia Gesù non aveva fatto nulla per fermarlo; anzi, porgendogli un boccone di cibo lo aveva invitato a fare tutto al più presto (cf Gv 13, 25-27). E ora che Giuda è uscito per concordare l’arresto, ora che è davvero notte, quella notte in cui sembra che le tenebre vincano la luce e l’odio prevalga sull’amore, ecco che Gesù dice: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui».
Ovvero, proprio nel momento in cui tutto accade contro Gesù, senza che egli si opponga, si difenda o ripaghi il male con il male, proprio ora si ha un’epifania del suo amore: Gesù riceve gloria e così anche Dio riceve gloria grazie all’amore totale del suo Figlio. L’ora della gloria non è decisa da Giuda che se ne va per compiere il tradimento, ma dall’amore di Gesù. È per questo che egli esulta e proclama la sua glorificazione: perché ha la consapevolezza di aver sempre amato, fino all’estremo, di aver mostrato amore anche verso chi lo tradiva, di aver amato totalmente Dio e gli uomini, fino ad accettare la croce e la morte. Nel suo amore l’odio, il tradimento e la violenza sono vinti per sempre!
Ricolmo dell’autorevolezza che gli deriva dall’aver vissuto l’amore in pienezza, Gesù a questo punto annuncia il comandamento nuovo: «Che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Questa è la verità del comandamento nuovo, ossia ultimo e definitivo: per ciascuno di noi l’amore per gli altri, per la comunità cristiana deve essere un amore reciproco da vivere secondo la forma e lo stile con cui Gesù ha amato i suoi fino alla fine. L’amore di cui parla Gesù, dunque, è un amore da vivere senza condizioni, un amore vero e autentico verso Dio e verso il prossimo.
Le ultime parole di questo vangelo sono: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Ebbene: noi ci amiamo? Ci rispettiamo? Ci stimiamo? Come cristiani e discepoli del Signore, che esempio diamo agli altri? Quando andiamo in un ufficio spesso ci chiedono la carta d’identità. Attraverso la carta noi testimoniamo e confermiamo la nostra identità. Per la vita religiosa la carta d’identità è il nostro comportamento. Le persone, guardandoci, possono dire: quest’uomo, questa donna è davvero un buon cristiano? Purtroppo spesso, molto spesso, scandalizziamo e allontaniamo gli altri! Chiediamo perdono al Signore e impariamo a riconoscere i nostri errori. Impariamo a vivere ogni giorno gli uni per gli altri.
I credenti che prendono sul serio il comandamento dell’amore di Gesù anticipano in qualche modo la «Gerusalemme nuova», di cui oggi ci parla la seconda lettura. Questa città santa, questa sposa adorna per il suo sposo è una realtà che Dio ci donerà alla fine, nei cieli nuovi e nella nuova terra.
Concludo con le parole della preghiera Colletta: «O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa’ che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito».
Don Lucio D’Abbraccio
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