Commento al Vangelo della Santa Domenica a cura di Giulio Michelini
«La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» si legge nella Lettera agli Ebrei (11,1). Che cosa vide Pietro al mattino di Pasqua? Quale “prova” ha avuto della risurrezione del Signore Gesù? È una domanda complessa, alla quale non pretendiamo di rispondere esaustivamente. Ma possiamo mettere almeno qualche punto fermo.
Secondo il testo lucano che ci accompagna nella veglia pasquale di quest’anno (Lc 24,1-12), Pietro vide solo le bende (24,12). L’affermazione è simile a quella che riporta il vangelo di Giovanni, il quale dice anzitutto che Pietro «vide le bende per terra» e completa poi il ricordo parlando anche del sudario (Gv 20,5). Che cosa segnalavano le bende? Erano così importanti? Per quale motivo vengono ricordate da questa duplice tradizione?
Facciamo prima una premessa, che riguarda il fatto della risurrezione, ma rimanendo sempre nell’ambito biblico. Appunto in un documento della Pontificia Commissione Biblica del 1984 (De sacra Scriptura et Christologia) è scritto che «la risurrezione del Cristo sfugge per sua natura a una constatazione solo empirica. Infatti essa introduce Gesù nel “mondo che viene”. La sua realtà può essere solo dedotta dalle manifestazioni del Cristo glorioso per alcuni testimoni privilegiati e viene corroborata dal fatto della tomba trovata vuota e aperta. Ma non si deve semplificare la cosa supponendo che qualsiasi storico, con la sola risorsa delle ricerche scientifiche, possa dimostrarla come un fatto accessibile a qualunque osservatore: anche qui, la “decisione di fede”, o meglio “l’apertura di cuore”, guida la posizione presa».
Anche J. Caba, in un suo interessante studio del 1988 sulla risurrezione (Cristo, mia speranza, è risorto), scrive: «La risurrezione di Gesù, pur inserendosi in qualche modo nella storia e influendo in essa, la trascende per riversarsi nella pienezza di Dio. Noi possiamo verificare il punto di partenza del Risorto, cioè la sua morte, però sfugge alla nostra verifica il punto di arrivo, cioè il momento in cui si compie il transito da questo mondo al mondo di Dio. La risurrezione di Gesù non entra di per sé nella storia, bensì attraverso le apparizioni a determinati testimoni e mediante il segno che viene scoperto nel sepolcro vuoto».
Per tirare le somme e tornare al nostro testo: Pietro ha visto le bende, e queste gli hanno ancora di più segnalato che il corpo che ivi era stato racchiuso, non c’era più. «La fede», come abbiamo visto in apertura, quella è stata la prova più vera «delle cose che non ha visto». Pietro non ha visto, cioè non ha trovato, il mattino di Pasqua, il corpo del Signore, e si è lasciato interpellare. Alla sua stessa esperienza – l’entrare nella tomba vuota – altri hanno reagito in modo diverso. Maddalena non capisce subito che Gesù è risorto, ma pensa che il suo corpo sia stato portato via (cfr. Gv 20,13). Anzi, «il fatto stesso del sepolcro vuoto può essere interpretato in diversi modi, come quello divulgato dai farisei (Mt 28,15)» (Caba): cioè, che «i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato» (Mt 28,13). Il discepolo amato da Gesù, invece, allo stesso segno avuto da Pietro, «vide e credette» (Gv 20,8). Questo dato è importante. Dice quale prova sia il sepolcro vuoto e il dato collegato delle bende.
Approfondiamo col Catechismo universale (640): «Nel quadro degli avvenimenti di Pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della Risurrezione».
Il fatto delle bende e del sepolcro vuoto non è un segno che forzi a credere: «rimane ambiguo e proprio per questo i vangeli non lo hanno mai presentato come prova della risurrezione» (Caba). Quale rispetto per il credente, più di quanto non ne abbia l’apocrifo Vangelo di Pietro, che racconta come il Risorto esca dalla tomba accompagnato da angeli alti fino al cielo, mentre i soldati che fanno la guardia al sepolcro sono “obbligati” a ri-credersi e ad ammettere «Veramente era figlio di Dio»! Invece, secondo i vangeli canonici, perché la fede dei discepoli sia certa, serviranno ancora le apparizioni successive.
Dove siamo noi? A chi ci potremmo paragonare? Quali “segni” abbiamo, quale tomba vuota? Il Signore stesso aumenti la nostra fede, perché a fronte delle cose che non possiamo vedere, sia salda la nostra certezza che è risorto.
Auguri per una santa Pasqua.
Giulio Michelini