p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 17 Aprile 2019 – Mt 26, 14-25

Purtroppo siamo abituati a vedere tagliuzzato il vangelo fino a perderne la vera dimensione. Il vangelo di oggi scaturisce dalla casa di Betania dove Gesù si ritrova da una parte con la donna che lo unge e dall’altra i discepoli con i capi che vogliono uccidere Gesù.

Non possiamo nemmeno estrapolare Giuda dalla comunità dei discepoli: lo vedremo che è un tutt’uno con loro. Non possiamo inoltre dimenticare che il centro di questo brano è quanto Gesù sta facendo e vivendo coi suoi discepoli: sta facendo eucaristia. Quell’eucaristia tanto essenziale per la vita del cristiano e della chiesa che noi però abbiamo estrapolato dalla vita: bisogna andare a messa, ci siamo sentiti dire all’infinito, dimentichi che invece noi siamo chiamati a vivere la messa sulle strade della vita. Comunque sia: l’eucaristia è il centro di tutto, non Giuda e il suo tradimento.

Detto questo credo sia importante evidenziare come Giuda sia uno dei discepoli, degli apostoli. Non possiamo dimenticare questo pena il credere che Giuda fosse uno che non c’entrava niente con la vita della chiesa. Giuda è la vita della chiesa e della prima comunità cristiana. Giuda è un sassolino che provoca la valanga, la valanga che sono i discepoli stessi. Pietro dice, subito dopo, a Gesù che lui non si scandalizzerà mai di Gesù. Continua dicendo, dopo che Gesù ha predetto il suo rinnegamento, che lui, Pietro, morirà con Gesù. Lo stesso dissero tutti i suoi discepoli: spariranno tutti uno alla volta, lasciando solo Gesù.

Dunque Giuda è, con gli apostoli, lo specchio della nostra vita. Guardando lui noi vediamo noi. Non cediamo troppo facilmente allo scandalo nei suoi confronti o al bel dito puntato contro di lui.

Il centro di questa parte del vangelo di Matteo è dato dal fatto che l’eucaristia è il centro del cristianesimo. L’eucaristia è tutto e dà tutto. L’eucaristia è l’amore che è più forte della morte. Noi siamo chiamati a ri-cordare, a fare memoria, di questo fatto che vede Gesù al centro del dono. È un ri-cordo costante che custodiamo nel cuore e nella vita, non quando siamo a messa, ma soprattutto quando siamo nella vita. A ben vedere l’eucaristia è incastonata tra la predizione del tradimento di Giuda e lo scandalo di tutti i discepoli. Pietro con Giuda, evidenzia come le nostre infedeltà altro non sono che le mani che abbiamo per accoglierlo. Così la Luce entra nelle nostre tenebre e ci ricrea nella bellezza e nella bontà delle origini, come Dio ci aveva voluti fin dal principio. Ci riporta ad essere bambini, belli nella nascita e non ancora feriti dalle nostre infedeltà. Ci fa rinascere dall’alto anche quando siamo vecchi, come il vecchio Natanaele.

L’invito a mangiare è chiaro. Il significato pure: chi mangia, assimila il cibo. Ma l’attore principale di questo banchetto è Gesù. Mangiando di Lui noi siamo assimilati a Lui. Mangiando Lui noi veniamo mangiati da Lui. Lui entrando in noi, nelle nostre tenebre, grazie alle nostre infedeltà, ci fa scoppiare di Luce. Noi lo inchiodiamo e Lui si dona da mangiare illuminando mente e cuore, forze e desiderio. Lui si dona a noi che lo tradiamo e lo rinneghiamo. Nulla ci può separare dal suo amore, perché il nostro male Lui lo prende su di sé e lo porta con sé.
Lui è Colui che si dona e perdona senza condizioni. Come si dona e come ci perdona? Dandosi da mangiare a noi. A noi non resta che masticarlo facendolo nostro così che noi diventiamo Lui.

Così attraversando il borbottio per la donna che unge Gesù con grande spreco di profumo di nardo, passando per il tradimento di Giuda, dimorando nel rinnegamento di Pietro, vivendo come apostoli fuggitivi da Gesù che nella passione a noi si appassiona, noi viviamo la cena pasquale. In questa cena Gesù anticipa il dono del suo corpo che avrà la sua consacrazione sulla croce. La cena diventa salvifica perché nel dono della croce si esprime l’apice del senso della sua vita per noi.

Celebrare l’eucaristia è accogliere a piene mani questo dono per diventare ostie viventi sulle strade della vita. Ostie non tanto perché perfette, ostie perché azzimi e perché, con le bellezze e le bruttezze di cui siamo portatori, noi diventiamo dono di vita ai fratelli. Gesù tutto riceve dal Padre e tutto dà a noi suoi fratelli: accogliamolo con le mani delle nostre infedeltà, vivendo di Lui e vivendo Lui che tutto riceve e tutto dà. Così mangiando di Lui noi diveniamo ciò che mangiamo, vale a dire Lui.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

Read more

Local News