Il commento alle letture del 4 Aprile 2019 a cura del sito Dehoniane.
IV settimana di Quaresima IV settimana del salterio
Convertire… la spaccatura
In tutto il suo ministero il Signore Gesù non ha risparmiato certo rimproveri ai suoi ascoltatori e, in particolare, a quanti detenevano il potere e ruoli di prestigio. Quello che oggi risuona è uno tra i più forti: «E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?»
(Gv 5,44). Mentre il nostro cammino quaresimale avanza verso il mistero pasquale, siamo chiamati a farci attraversare da parte a parte da questo terribile richiamo del Signore. Il suo rimprovero mette a nudo la nostra arte di arrangiarci «tra di noi», piuttosto che di aprirci veramente a una relazione con Dio capace di segnare e trasformare la nostra vita in qualcosa di più grande di noi. Come ricorda il biblista Xavier Léon-Dufour, siamo di fronte alla «segreta spaccatura» interiore che impedisce ai giudei di credere in Gesù, perché vogliono continuare a credere in un Dio a loro misura e, soprattutto, al servizio del mantenimento del loro sistema di funzionamento e di controllo. Abituati a riconoscersi e a onorarsi tra loro per garantirsi un clima interiore di rassicurazione e di fiducia in se stessi e nelle proprie convinzioni e consuetudini, i giudei non sono in grado di accogliere un principio diverso da se stessi.
Siamo di fronte alla stessa sfida vissuta da Mosè nel deserto: accettare di avere una gloria del tutto personale, oppure fondare il senso della propria esistenza davanti a Dio in una solidarietà radicale con tutti, persino con quanti si mostrano fragili e vulnerabili. La sfida per Mosè e per ciascuno di noi è di farsi imitatori e non semplicemente servitori di Dio. Mosè non sembra avere alcun dubbio e la sua protesta potrebbe sembrare persino un atto di insubordinazione, che rivela invece la sua radicale sintonia con quel Dio che si scomoda per salvare un popolo che non ha poi così tanta voglia di essere liberato: «Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione» (Es 32,10). Davanti alla possibilità di avere una «gloria» del tutto personale e di assoluto privilegio, Mosè preferisce restare così solidale da costringere l’Altissimo a cambiare atteggiamento: «Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo» (32,14). È lo stesso Mosè ad aiutare Dio a non essere disonorato: «Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire […]”?» (32,12). Mosè sembra far leva sull’amor proprio di Dio, sul suo senso d’onore e di gloria davanti agli estranei per muoverlo a compassione e a pietà per quel «popolo, che hai fatto uscire» (32,11). Il Signore dice che è stato Mosè a far uscire il popolo (cf. 32,7) e Mosè ribadisce che è stato Dio a farlo uscire. In questa sottile e fortissima tensione nel glorificare l’altro, in realtà non si fa che dire profondamente che l’uscita del popolo dall’Egitto è il frutto di una sinergia tra il Signore e Mosè, tra il Creatore e la creatura. Del resto, ogni nostra pasqua e ogni autentica esperienza di salvezza non è che una riprova e una rinnovata manifestazione non della sola forza di Dio, ma anche della stessa nostra debolezza. Se essa diventa motivo e fonte di solidarietà, permette all’azione vivificante e liberante di intervenire nella storia.
La logica del mondo istituisce continuamente una sorta di rapporto inverso tra la «mia» gloria, che sarà più grande e visibile quanto minore sarà la «sua» gloria. La logica del vangelo è completamente diversa, in quanto la gloria non è ciò che si sottrae all’altro, ma ciò che si condivide con l’altro. Proprio come una luce e un fuoco che, se uniti, non diminuiscono ma diventano più luminosi e più ardenti. Speriamo che il Signore non debba dire di noi ciò che dice ai giudei: «Ma voi non volete venire a me per avere vita» (Gv 5,40).
Signore Gesù, quante volte ci arrangiamo tra noi scambiandoci attestati di una gloria fondata sui nostri commerci di meschinità. Illumina il nostro cuore e donaci la grazia di aprirci a una relazione più ampia e più profonda, per attingere il senso della nostra vita dal tuo cuore fatto di immensità. Kyrie eleison!
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Vangelo del giorno
Gv 5, 31-47
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.