p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 25 Marzo 2019 – Lc 1, 26-38

Cosa c’è che ci intimorisce nella vita? Ognuno di noi ha i suoi timori più o meno velati. Maria esprime il suo timore di dare alla luce un bimbo. Noi, oggi siamo chiamati a dire la nostra paura, il nostro timore.

C’è chi vive la paura di una vicinanza affettiva e tiene le distanze, salvo poi giustificare questa sua paura facendola passare per cosa buona, perché vuole essere libero e lasciare libero chi incontra, dice lui.

C’è chi vive un timore nei confronti della vita. Come farò a mettere al mondo un figlio? Forse le circostanze della vita al giorno d’oggi non sono molto favorevoli, soprattutto per una donna, al dono di un figlio. È tutto vero, ma cosa faremo noi, possiamo chiederci, se non abbiamo più il coraggio di dare vita?

C’è timore in chi non ha niente e in chi ha troppo, in chi sembra che il tutto non gli basti mai e in chi non ha neanche il minimo necessario. Mi pare che il timore sia parte della nostra vita, ma non è questo il problema. Il problema è cosa ne facciamo di questo timore: entriamo in relazione con lui, oppure lo nascondiamo, oppure lo subiamo, oppure lo esprimiamo, oppure lo neghiamo?

Anche Giuseppe aveva il suo timore, ma siccome era giusto e non si nascondeva nulla di quello che viveva, entrò in relazione con Dio che lo illuminò compiendo ciò che era la sua speranza: prendere con sé Maria e accogliere il figlio a loro donato.

Possiamo cogliere, avere e donare ogni sorta di paura, ma mi pare che la paura somma, non espressa, sia quella nei confronti di Dio. Abbiamo paura di incontralo, abbiamo paura di relazionarci con Lui. Temiamo per quello che ci chiediamo, chiediamo con paura quello che non ci fa bene.

Il Signore dice a noi, come a Maria, non temere. Non temere è la prima parola che il Signore rivolge all’uomo impaurito. Di fronte alla paura dell’uomo, perché nel suo peccato ha scoperto di essere nudo, Dio ritorna a manifestarsi. Non teme la paura dell’uomo, lo invita invece a non temere. Tale invito non è fatto a parole ma coi fatti: lo va a cercare. Non permette che la paura diventi maschera per la sua esistenza. La paura che maschera è negazione della vita ed è negazione del volto di Dio su di noi.

La paura è principio di ogni fuga ed è il contrario della fede. Accogliere la paura e non farla diventare motivo di fuga, è cosa buona. Credo che di fronte a certe manifestazioni della vita e del divino, sia naturale il timore. Il timore ci parla di cose grandi; il timore ci parla di ciò che ci fa paura; il timore mi dice che non è cosa indifferente una scelta anziché un’altra.

Credo che il timore, se lo lasciamo parlare, se non lo nascondiamo o non ci lasciamo travolgere da lui, ci porti ad un livello di verità bello.

Gioisci, perché sei visitata. Non temere Giuseppe, perché in lei nasce l’amore. Accogliere il timore è accogliere il bello e accogliere il bello è accogliere la vita.

Ci può fare paura la storia di Gesù, come ci può fare paura la presenza di Dio nella nostra vita. Ma accogliere tutto ciò è accogliere la vita, è accogliere la sorgente della vita.

Sì è giunto il momento. Non temere ma gioisci perché è giunto il momento promesso a lungo atteso. La gioia di Dio trasborda su Maria, su Giuseppe, sull’umanità intera. Finalmente, infatti, incontra chi ha da sempre desiderato. Finalmente la visita di Dio apre le porte e ritorna ad incontrare l’uomo che ha sempre desiderato.

La gioia di Dio è piena perché può gioire delle sue creature. Così il Signore diventa la gioia di Maria e di Giuseppe, così si apre la strada perché possa divenire la nostra gioia.

Dio ci offre la sua gioia per l’incontro perché nella gioia anche noi lo possiamo incontrare.

Eccomi, ci sto ad incontrarti e a che tu possa incontrare me: mi apro a Te, mi apro alla vita, perché tu possa incontrare finalmente, di nuovo l’umanità tutta.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

Vangelo del giorno:

Lc 1, 26-38
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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