Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!
Domenica scorsa la liturgia della Parola ci ha presentato Gesù a confronto con la tentazione, faccia a faccia con Satana nella solitudine del deserto. Oggi, invece, la liturgia ci presenta l’episodio della trasfigurazione. Questo episodio è raccontato da tutti i sinottici e la liturgia della seconda domenica di quaresima ce la presenta tutti gli anni poiché essa è segno e anticipazione della risurrezione. L’evangelista dice che «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare». Luca è l’evangelista che insiste maggiormente sulla preghiera di Gesù: egli prega al momento del battesimo ricevuto da Giovanni (cf Lc 3, 21), prega prima di scegliere i Dodici (cf Lc 6, 12-13), prega nell’imminenza della sua passione (cf Lc 22, 39-46). Ebbene, anche la trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della preghiera. L’evangelista, infatti, scrive: «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Sul monte Gesù ha il volto luminoso e la veste candida e sfolgorante e conversa con due uomini: Mosè ed Elia, che personificano la Legge e i Profeti, ossia le Scritture dell’Antico Testamento.
È da notare che il racconto è pieno di riferimenti biblici: il monte su cui sale il Signore richiama il luogo dell’esperienza di incontro con Dio che hanno fatto Mosè ed Elia. La loro presenza visibile richiama la prima alleanza stipulata con la mediazione di Mosè e difesa dai Profeti, la quale, però, sta per essere sostituita da quella nuova ed eterna, realizzata nel sangue del Figlio. Il colloquio tra Gesù, Mosè ed Elia verte sull’esodo «che stava per compiersi a Gerusalemme». Gesù, infatti, realizzerà a Gerusalemme il passaggio pasquale dalla morte alla vita, che la pasqua ebraica simboleggiava e anticipava. «Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui». Pietro, Giacomo e Giovanni sono presentati come i testimoni prescelti di un’esperienza anticipatrice della risurrezione di Gesù, che non comprenderanno subito, ma che rimarrà loro impressa nella mente e nel cuore. Essi anche qui, come nell’orto degli ulivi, sono oppressi dal sonno, simbolo della loro resistenza ad accogliere ogni rivelazione impegnativa di Gesù, come la sua passione e morte, e non comprendono quello che sta succedendo al loro maestro. Lo comprenderanno dopo la risurrezione e solo allora potranno accettarlo e comunicarlo agli altri, come Vangelo di salvezza. Le capanne di cui parla Pietro – «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» -, mentre risultano il tentativo di prolungare l’esperienza, ricordano il pellegrinare di Israele nel deserto. La nube – «Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura» – richiama il segno della presenza di Dio presso il popolo di Israele nell’esperienza dell’esodo e la paura che invade i discepoli è la reazione tipica degli uomini della Bibbia che si rendono conto di trovarsi al cospetto di Dio. Ed infine la voce del Padre – «E dalla nube uscì una voce, che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» – che conferma che Gesù è il Figlio suo, l’eletto. L’invito perentorio ad ascoltare Gesù sta a significare che è necessario ascoltare e seguire la Parola fatta carne, Parola vivente e autorevole di Dio, per essere salvati.
Il vangelo di questa domenica ci invita, dunque, ad ascoltare, meditare e pregare la Parola di Dio.
Quando preghiamo lo facciamo con attenzione? Quando ascoltiamo e meditiamo la Parola del Signore ci lasciamo vincere dal sonno, cioè dai nostri problemi, dalle tentazioni, o siamo svegli e la ascoltiamo col cuore? Abbiamo fede nel Signore anche quando tutto sembra andar male? Nella prima lettura abbiamo ascoltato che Abramo, l’uomo della fede, dell’ascolto, della fiducia, dell’obbedienza, è rimasto fedele al Signore anche quando tutto sembrava andare contro la realizzazione delle promesse di Dio. Per la sua fede egli diventa amico di Dio e nostro padre nella fede.
In questo nostro cammino penitenziale non scoraggiamoci per i momenti di oscurità e di dubbio che incontreremo ma, come scrive l’apostolo Paolo «rimante saldi nel Signore» (II Lettura) affinché possiamo ascoltarlo col cuore e vivere la sua parola ogni giorno.
Soren Kierkegaard diceva: «La vera preghiera non è quando Dio sta ad ascoltare ciò che noi gli domandiamo; ma quando l’orante continua a pregare fino a che sia egli colui che ascolta: che ascolta ciò che Dio vuole».
Don Lucio D’Abbraccio
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