card. Gianfranco Ravasi – L’incrocio tra peccato, amore e perdono

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Entriamo nella Quaresima ponendo davanti a noi un’ideale pala d’altare con una scena evangelica che ha al centro una prostituta: solo Luca, il cantore del perdono misericordioso di Cristo, ci racconta questa storia femminile di peccato, di amore e di redenzione (7,36-50). Il palazzo in cui si svolge la scena è il chiaro indizio del prestigio di Simone, una figura di rilievo del partito (oltre che corrente religiosa) dei farisei, vicino alle classi popolari, segnato anche da motivi ideali, ma talora pronto a compromessi con il potere e con il successo. Gesù è stato invitato da lui a pranzo e non ha mai imbarazzo quando si tratta di incontrare persone: non chiede loro la carta d’identità dell’onestà, non teme gli strali del perbenismo, non esita a sedersi in cattiva compagnia.

Accade, così, che durante il banchetto pubblico offerto a Gesù da Simone, il fariseo, s’infi­ltra anche una «peccatrice», una donna ipocritamente condannata forse proprio da coloro che di nascosto non andavano troppo per il sottile frequentandola e chiedendole prestazioni sessuali. Molti hanno creduto erroneamente che costei fosse Maria di Magdala, equivocando sul fatto che poche righe dopo, ma in altro contesto, l’evangelista Luca la evoca come «colei dalla quale erano usciti sette demoni» (8,2); ma questa nota non fa certamente della Maddalena una prostituta, come avremo occasione di spiegare in futuro.

Sappiamo tutti quello che accadde durante il banchetto, ricordiamo il gesto della donna nei confronti di Gesù la quale, tra le lacrime, si rannicchia ai suoi piedi. Scattano le ironie dei commensali, a cui segue la parabola dei due debitori che Cristo narra con la relativa applicazione. Noi, però, ritagliamo solo l’emozionante frase che Gesù destina a quella donna: «Le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato. Colui al quale si perdona poco, ama poco» (7,47). Sarà, però, utile – al di là dell’immediata intensità di quelle parole – che ci soffermiamo sulle due facce che il detto di Cristo rivela.

Infatti, la prima dichiarazione vede l’amore come causa del perdono dei peccati, che «le sono perdonati perché ha molto amato». Nella seconda asserzione, invece, l’amore è l’effetto del perdono ricevuto, tant’è vero che «colui al quale si perdona poco, ama poco». Gli studiosi pensano che questa differenza nasca dalla fusione di due frasi di Gesù pronunziate in momenti e situazioni diverse. In verità, è possibile tenere insieme quel duplice profi­lo del detto di Cristo, proprio perché idealmente chiude il cerchio dell’amore che è sorgente del perdono, ma ne è contemporaneamente il frutto.

Suggestivo è il dialogo che il grande credente e filosofo francese Blaise Pascal immaginava nei suoi Pensieri tra Dio e l’anima. «Se tu conoscessi i tuoi peccati, ti dispereresti», ammoniva il Signore. E allora il peccatore sente che c’è poco da fare per lui. Ma Dio continua: «No, tu non ti dispererai, perché i tuoi peccati ti saranno rivelati nel momento stesso in cui ti saranno perdonati». Ecco, nell’istante in cui s’incrociano conversione e perdono, si ha il fiorire di un unico amore, anche se esso sboccia nei due protagonisti, Dio e la persona umana. C’è l’amore divino che perdona e simultaneamente c’è l’amore del convertito che è occasione del perdono amoroso di Dio. L’uno e l’altro amore insieme si abbracciano, proprio come era accaduto in quel giorno nel palazzo di Simone il fariseo.

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