Protagonista di questo racconto è lo sguardo di Gesù, quello sguardo che possiamo contemplare sulla tela del Caravaggio che lo ha ben rappresentato. Particolarmente intenso si posa su Levi-Matteo, come leggiamo in questa pagina di Luca, mentre è seduto al banco delle imposte, lo penetra e lo attira fino al punto da indurlo a lasciare tutto per intraprendere una nuova vita a lui ancora sconosciuta. Lo sguardo del maestro che lo chiama è autorevole e al tempo stesso libero, lo attira quasi irresistibilmente ma nello stesso tempo lo lascia libero di sottrarsi.
Levi era un pubblicano, un collaborazionista dei romani odiato ed evitato da ogni pio giudeo. Prima di chiamarlo Gesù lo osserva. E guardandolo, Gesù vede oltre, vede la sua umanità, vede ben al di là della sua professione: vede l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Come ha ricordato papa Francesco: “Lo sguardo di Gesù non è qualcosa di magico: Gesù non era specialista in ipnosi. Gesù guardava ognuno, e ognuno si sentiva guardato da lui, come se Gesù [ne] dicesse il nome … E questo sguardo cambiava la vita a tutti”. Invece il nostro sguardo è spesso corto, incapace di riconoscere in profondità le persone che incontriamo, perché fermo sul già noto: abbiamo occhi che tante volte non vedono. Ma agli occhi di Gesù Levi non è un uomo finito e così lo chiama, lo chiama a seguirlo, a lasciare tutto, la sua vita di prima per andare dietro a lui nella fedeltà di ogni giorno. Lo chiama a distogliere il suo sguardo dall’idolo del denaro per orientarlo verso la vita. Ascoltando quella voce e avvolto da quello sguardo Levi prende la decisione di non opporre resistenza, si alza e si mette in cammino: un semplice incontro di sguardi cambia totalmente una vita.
Subito dopo ecco la reazione dei farisei osservanti, che mormorano. È la tipica reazione contro il comportamento fondamentale di Gesù: la solidarietà con i peccatori, gli emarginati. È successa una cosa inimmaginabile: Levi ha invitato a pranzo nella sua casa Gesù e lì c’è una folla numerosa di pubblicani e gente simile, e Gesù mangia e beve con loro scandalizzando tutti questi benpensanti dell’epoca, i quali non si rivolgono direttamente a lui ma ai suoi discepoli protestando per il suo comportamento. L’accoglienza indiscriminata di Gesù non è sopportabile, questo suo stile fa problema ieri come oggi. Eppure Gesù va avanti con tutte le sue forze a costo di scandalizzare, perché lui non è venuto per i sani ma per i malati: “Io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori perché si convertano” (v. 32). Perché questa ostinazione di Gesù, potremmo chiederci? Perché questo era ed è il volto di Dio da lui raccontato: non un Dio che ti ama solo se sei giusto – questa era la visione dei suoi oppositori –, ma un Dio che ti ama senza condizioni. La salvezza proposta da Gesù supera ogni concezione meritocratica perché l’amore di Dio è gratuito e ci previene. È questione di sguardi. Dio ci ha guardati attraverso lo sguardo di Gesù e noi possiamo imparare a guardare come lui. Dio è nell’immagine di chi guarda con tenerezza particolare pubblicani e peccatori ed “è convinto che li possa stupire e mettere in cammino; questo e non altro dice un Messia che mangia e beve con loro, cancellando le distanze. Del Messia non hanno bisogno coloro che si pensano giusti!” (Angelo Casati).
sorella Antonella
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Lc 5, 27-32
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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