PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA DEL 8 MARZO 2019
NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE
Facendo riferimento alla prima lettura (Isaia 58, 1-9), il Papa ha fatto subito notare come «il profeta ci fa capire la differenza che c’è nella nostra vita fra il reale e il formale. È vero, il formale è un’espressione del reale, devono andare insieme. Ma quando il formale si stacca dal reale, arriviamo a vivere soltanto delle formalità, delle apparenze». Ed è questo, ha affermato Francesco, «che Dio condanna: vivere delle apparenze. Una vita per apparire, senza verità nella realtà del cuore delle persone. Anzi, il Signore ci consiglia di essere molto semplici nelle apparenze per non vantarci delle opere buone».
Proprio «per questo, parlando dei tre esercizi della Quaresima, il Signore ci dice: senti, quando tu digiuni, che non si veda sulla tua faccia che stai digiunando. Mostrati lieto: che non si veda, perché la gente non dica: “ah, è un uomo giusto, come digiuna!”. Quando fai penitenza, non fare questo. Quando tu darai un’elemosina, per favore non suonare la tromba davanti a te: dà l’elemosina di nascosto, che nessuno lo veda. Fai il bene senza farti vedere. E, terzo, quando tu preghi non farlo davanti a tutti, perché la gente dica: “ah, come prega, quest’uomo, questa donna!”. Fallo in sincerità davanti al Padre». E «Gesù consiglia anche “di nascosto”».
«Sulla preghiera — ha insistito il Pontefice — Gesù ci insegna, con l’esempio del fariseo e del pubblicano, di come pregavano ambedue: il fariseo si credeva giusto, ma non lo era, e pregava: ti ringrazio, Signore, perché sono giusto, non sono come l’altra gente, poveretti». E ha suggerito: «Facciamo la traduzione: ti ringrazio, Signore, perché sono cattolico, appartengo a questa associazione, a quell’altra, a quell’altra, vado a messa tutte le domeniche e non sono come quei poveracci che non capiscono nulla». Invece, ha proseguito Francesco, «il poveraccio» cioè il pubblicano pregava dicendo: “Signore, abbi pietà di me perché sono peccatore”.
«Coloro che cercano le apparenze, mai si riconoscono peccatori» ha fatto notare il Papa. Tanto che «se tu dici loro “anche tu sei peccatore!”», ti rispondono: «Sì, peccati ne abbiamo tutti». E così dicendo «relativizzano tutto e tornano a diventare giusti». E magari, ha aggiunto il Pontefice, «cercano anche di apparire con la faccia “da immaginetta”, di santino, tutto apparenza». E «quando c’è questa differenza tra la realtà e l’apparenza, il Signore usa un aggettivo: “ipocrita”». Ecco «l’ipocrisia: anche noi — ha suggerito Francesco — possiamo incominciare questa Quaresima domandandoci: qual è la mia ipocrisia? Dove io non sono coerente, mi manca coerenza tra la realtà e l’apparenza? Quando io devo truccarmi per nascondere la mia realtà?». È la questione della «mancanza di coerenza».
A questo proposito, ha affermato il Pontefice, il profeta propone alcuni esempi: «Cosa fate voi, ipocriti, nel giorno in cui dite di digiunare? “Curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui”». Dunque, ha rilanciato Francesco, «da una parte fai finta di digiunare, magari digiuni anche, ma intanto “curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai, digiunate tra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui”. Questa è l’ipocrisia».
Non ha senso, dunque, affermare: «io sono molto cattolica, molto cattolica! Vado sempre alla messa», perché la domanda è: «Ma poi cosa fai? Sei coerente? O c’è questa ipocrisia tra la tua realtà e la tua apparenza?».
«“Non digiunate più come fate oggi” dice il Signore» ha ripetuto il Papa, aggiungendo un invito — «Cambiate vita. Siate coerenti» — e una confidenza: «Nell’ultimo Sinodo sui giovani, forse la cosa sulla quale i giovani hanno insistito di più è stata l’ipocrisia di tanti cristiani, incominciando da noi, i “professionisti della religione”. Ai giovani questo colpisce. Voi potete dire: “Ma loro hanno i loro difetti!”. Sì. Hanno i loro difetti, è vero. Ma in questo hanno ragione. Apparire e non fare: questo è ipocrisia».
In questa prospettiva, il Pontefice ha riletto un passo del brano di Isaia proposto dalla liturgia: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto — i migranti —, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?».
«È vero: questo è il digiuno, le opere di misericordia, questo è quello che Dio vuole da noi» ha insistito il Papa. E «quando tu dividi il tuo pane con l’affamato, introduci in casa tua uno che non ha un tetto o che è un migrante, quando tu cerchi un vestito per qualcuno che non ne ha e ti occupi di questo, digiuni davvero». Invece, ha affermato Francesco, «tanti cristiani, anche cattolici, che si dicono cattolici praticanti, come sfruttano la gente! Come sfruttano gli operai! Come li mandano a casa all’inizio dell’estate per riprenderli alla fine, così non hanno diritto alla pensione, non hanno diritto ad andare avanti». Eppure, ha ricordato il Pontefice, «tanti di questi si dicono cattolici: vanno alla messa la domenica, ma fanno questo. E questo è peccato mortale! Quanti umiliano i loro operai!».
Su questo aspetto Francesco ha voluto condividere un suo ricordo personale: «Io mai dimentico una cosa che ho visto nella casa di un compagno, ero bambino piccolo: ho visto la signora schiaffeggiare la domestica perché non aveva fatto le pulizie come lei le aveva indicato. Quel gesto non l’ho dimenticato mai! Quel gesto ha ferito il mio cuore. E quante volte, quante volte tanti cristiani si comportano così».
«La realtà dev’essere unita all’apparenza», ha spiegato il Pontefice, perché «io devo apparire quello che sono e questo è il lavoro della Quaresima, e su questo dobbiamo andare avanti: “Padre, io non posso, sono debole”. Bene, questa è la tua verità, grazie per averla detta. Chiedi al Signore la forza e vai umilmente avanti, con quello che puoi. Ma non truccarti l’anima, perché se tu ti trucchi l’anima, il Signore non ti riconoscerà».
In conclusione il Papa ha invitato a chiedere «al Signore la grazia di essere coerenti, di non essere vanitosi, di non apparire più degni di quello che siamo. Chiediamo questa grazia in questa Quaresima: la coerenza tra il formale e il reale, tra la realtà e le apparenze».