Siamo uomini d’onore o uomini d’amore?
Siamo uomini d’onore o uomini d’amore?
E va bene diciamocelo: Gesù qui ha esagerato! Non è umanamente possibile mettere in pratica quello che oggi ci chiede e, forse, non è neanche giusto. Perché mai dovrei offrire l’altra guancia a chi mi percuote invece di difendermi? E perché non dovrei chiedere indietro le cose che mi sono state prese? Figuriamoci poi quando dice di amare i miei nemici: se ho subito un torto o qualcuno è stato cattivo con me, perché dovrei amarlo? No Gesù, mi dispiace, ma quello che proponi oggi vale solo per i santi e non per un semplice cristiano come me. Io ho un mio onore da difendere…
Queste potrebbero essere le prime impressioni dopo aver letto la pagina evangelica di oggi e che hanno a che fare con la nostra quotidianità spicciola che non sempre combacia con quanto ci viene chiesto da Gesù. Inoltre, potrebbe sembrare che il cristiano che esce fuori da questo ritratto evangelico odierno sia un tipo passivo, che subisce, distaccato dalle cose materiali e tutto proteso verso realtà ascetiche e mistiche. Nulla di più falso. A leggere bene quello che Gesù ci dice oggi, scopriamo, invece, che ci viene chiesto di interrompere il circuito del male usando il rimedio di sempre: l’amore.
Prendiamo ad esempio il famoso invito ad offrire l’altra guancia. Ai tempi di Gesù, uno schiavo veniva colpito in volto dal suo padrone con il dorso della mano, perché quest’ultimo non avesse a sporcarsi le mani. La guancia colpita era dunque la guancia destra, tranne nel caso in cui il padrone non fosse mancino. «Porgere l’altra guancia», cioè la sinistra, a quel tempo significava costringere il padrone a colpire con il palmo della mano e, quindi, a “sporcarsi” le mani, cosa che un pio israelita benestante non avrebbe mai fatto. Il voltare il viso dall’altra parte era un modo per impedire all’aggressore di colpire ancora, per interrompere il sistema, per costringere il potente a fermarsi. Allora porgere l’altra guancia non significa affatto assumere un atteggiamento arrendevole e di sottomissione, non significa passività di fronte all’offesa, piuttosto è la ribellione al male e l’impegno ad interrompere il circolo vizioso della violenza. “Occhio per occhio” vuol dire rispondere alla violenza con la violenza, cosa che tante volte risulta più semplice e soddisfacente. “Porgere l’altra guancia”, invece, è un invito a metterci la faccia, a sporcarsi le mani non come il padrone dello schiavo, ma con gesti inaspettati di amore in risposta alla violenza. Diceva don Milani: «A che serve avere le mani pulite se poi ce le teniamo in tasca?» Troppe volte, però, più che porgere l’altra guancia, voltiamo la faccia dall’altra parte di fronte alle ingiustizie, ai poveri, a coloro che chiedono il nostro aiuto. Il cristiano dell’altra guancia non è quello che subisce, ma quello che interviene. Ripagare un torto con la stessa moneta non è mai giustizia perché la vera giustizia educa all’amore non alla violenza.
Gesù ci chiede, allora, di vivere sempre nell’amore. Nessuno di noi è al riparo dalla tentazione dell’odio ma solo se sapremo vivere ogni giorno nell’amore troveremo la forza di resistere. Gesù non solo contrappone l’amore all’odio, ma esige che l’amore dei suoi discepoli si concretizzi proprio su coloro che li odiano; sarebbe ridicolo, per Gesù, amare solo quelli che ci amano: non ne avremmo alcun merito, ma soprattutto il nostro amore non sarebbe segno distintivo della nostra esclusiva ed inequivocabile appartenenza a Cristo: «Anche i peccatori fanno lo stesso». Gesù ci fa intravedere, allora, uno stile di vita in cui l’amore è talmente preso sul serio che ci innalza fino a Dio e alla sua perfezione. Nella logica evangelica non si dà altra perfezione, se non quella di un amore fraterno che rivela la nostra identità filiale nei confronti di Dio. «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso». Non c’è altro traguardo verso il quale tendere, se non quello di un amore che sa perdonare perché ha sperimentato il dono del perdono. Non c’è altro comandamento da osservare, se non quello di tendere all’imitazione di Dio, che resta misericordioso per gli ingrati e i peccatori.
Infine l’ultima batosta: «Date e vi sarà dato […] perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Questo versetto dovremmo ricordarlo più spesso, dovremmo scrivercelo sulle pareti del cuore, dovremmo impegnarci a viverlo con tutte le nostre forze. Così riconoscerebbero che più che uomini d’onore, accartocciati su noi stessi, siamo uomini di Dio cioè, come avrebbe detto Luciano De Crescenzo, uomini d’Amore.
don Ivan Licinio – il suo blog