Dehoniane – Commento al Vangelo del 15 Febbraio 2019

Il commento alle letture del 15 febbraio 2019 a cura del sito Dehoniane.


V settimana del tempo ordinario – V settimana del salterio

Fa bene ogni cosa!

«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» (Mc 7,37). L’acclamazione corale, che conclude la guarigione del sordomuto, evoca il linguaggio della Genesi, quando Dio, contemplando le realtà create, riconosce la loro bontà e bellezza: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Gesù è la parola creatrice del Padre, che fa bella ogni cosa, come ricorda il racconto della Genesi, e poi la rinnova, secondo la parola dell’Apocalisse. È sempre in lui, infatti, che il Padre torna a dire:

«Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Guarendo questo sordomuto Gesù, oltre a prendersi cura della sua infermità, pone un segno evidente di come Dio desideri restituire al creato la sua bellezza originaria, sfigurata dal peccato dell’uomo. Se la bellezza della creazione viene descritta come obbedienza a quella parola luminosa di Dio che, per dieci volte, chiama all’esistenza, il peccato viene al contrario presentato come disobbedienza: è incapacità di ascolto. Adamo ed Eva, anziché quella di Dio, ascoltano altre parole: quelle del serpente, «il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto» (Gen 3,1). La sua astuzia si manifesta come illusione, sospetto, contraffazione: induce a credere che quella di Dio sia una parola che dà morte invece che vita, mentre è la sua parola a condurre nella beatitudine dell’esistenza. Mortificando la fiducia,  inducendo  nel  sospetto,  il  serpente  uccide  la relazione, crea divisione. La creatura viene separata dal suo creatore e la sua vita si inaridisce, come accade a un corso d’acqua quando viene interrotto il flusso con il quale la sorgente lo alimenta. L’incapacità di ascoltare conduce al non saper più parlare, come accade ad Adamo ed Eva, che giungeranno a dire parole insipienti nel loro dialogo con Dio, o parole di reciproca accusa parlando tra di loro. Anche il sordomuto di Marco è impossibilitato a parlare perché incapace di ascoltare. L’evangelista lo definisce con precisione   un moghilàlon, cioè un uomo che parla moghìs, a stento, con difficoltà, come balbettando. Per noi è facile la trasposizione simbolica: non ascoltare la Parola di Dio ci rende incapaci di parlare bene, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore (cf. Lc 6,45), e a riempire il cuore è la Parola di Dio.

C’è però molto di più nella sua infermità: la chiusura degli orec chi e delle labbra conduce sempre a una più profonda chiusura relazionale. Commentava con la consueta sapienza il cardinale Martini: «Abbiamo davanti a noi una persona che non sa e non può comunicare, e sappiamo bene le conseguenze psicologiche del non poter udire e parlare. Ci si chiude in se stessi, si diventa sospettosi, suscettibili, aggiungendo alle fatiche fisiche le fatiche psicologiche perché, non sapendo ciò che gli altri dicono, si ha sempre l’impressione di essere derisi o chiacchierati; una sospettosità che entra nel cuore e avvelena l’esistenza».1 Tant’è vero che, per guarirlo, Gesù gli tocca sì gli orecchi e la lingua, ma poi gli dice: «Apriti!» (Mc 7,34). È tutta la persona a doversi aprire, grazie all’incontro con la Parola di Dio venuta nella nostra carne, per ristabilire la bontà e la bellezza delle relazioni che il serpente tenta sempre di compromettere.

La parola di Gesù, oltre che dai gesti corporei che stabiliscono comunque, attraverso un linguaggio non verbale, una relazione anche con chi non può ancora ascoltare, è preceduta da altri due gesti: guarda verso il cielo ed emette un sospiro (cf. v. 34). Lo sguardo al cielo esprime la sua comunione con il Padre; il sospiro narra della sua compassione solidale con la condizione umana. Gesù vive in pienezza la relazione, tanto con Dio quanto con noi, ed è dimorando in questa comunione piena che può ristabilire la relazione interrotta dal serpente, ritessendo la bellezza del rapporto con Dio e tra di noi. Davvero egli fa bene ogni cosa!

Padre, tu hai creato ogni cosa nella sua bontà e bellezza.  Accordaci un cuore puro, un orecchio attento, una lingua sapiente, perché sappiamo accogliere e custodire la tua opera, riconoscendo in noi stessi, nei nostri fratelli e sorelle, in ogni creatura, il luogo dell’incontro e della comunione con te. Apri la nostra vita alla relazione vera, alla benedizione e alla lode.

1 C.M. Martini, Briciole dalla tavola della Parola, Piemme-Centro Ambrosiano, Casale Monferrato-Milano 1996, 285. 

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Mc 7, 31-37
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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