don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 11 Febbraio 2019

TOCCARE NELLA CHIESA LA PAROLA DI SALVEZZA CHE SI FA CARNE NELLA TERRA DELLA NOSTRA VITA

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Gesù ha compiuto la traversata e, risorto, prende terra in questo nostro lunedì, si fa cioè terra della terra di cui siamo fatti, per stendere su di noi il mantello della sua vittoria sulla morte che perdona e rigenera. Per noi che, vivendo egoisticamente ci affatichiamo invano senza spostarci di un millimetro, la presenza di Gesù è la Buona Notizia che ci muove nella corsa per raggiungerlo nei fatti dove Egli ci precede. Lui ci fa uscire da noi stessi attirandoci a sé come l’obbiettivo e il senso della nostra vita.

Ma bisogna sapere che Gesù è sbarcato, ascoltare che sta passando proprio accanto a noi. La Chiesa, l’unica che non ci giudica perché riconosce nei nostri peccati e nel nostro dolore i villaggi, le città e le campagne dove Gesù sta passando, ci annuncia il Vangelo per ridestare in noi la memoria dell’amore di Dio che possiamo di nuovo sperimentare toccando Cristo vivo nel potere della sua Parola fatta carne nei sacramenti. Condotti a Lui con amore dalla Chiesa infatti, proprio sul lettuccio – la croce – sul quale siamo sdraiati, attraverso cioè quella relazione difficile, la malattia che a detta dei medici non mi lascerà scampo, la crisi di mia figlia, l’ingiustizia della disoccupazione, potremo toccare le frange del mantello di Gesù.

Esse simboleggiavano i precetti della Torah, il cuore della Scrittura: “Avrete pertanto una frangia e quando la guarderete allora ricorderete tutti i precetti del Signore e li praticherete…” (Nm. 15, 39). Ciò significa che per ogni evento è preparata una Parola di vita capace di trasfigurare anche il dolore; secondo l’etimologia ebraica i comandamenti costituiscono la missione che Dio ha dato agli israeliti. Guarire infatti, significa aprire gli occhi nella fede per discernere in ogni evento e relazione come la missione alla quale Dio ci chiama, l’occasione per amare in cui entrare senza timore. Allora questa nuova settimana sarà una nuova creazione; gli impegni, anche quelli più noiosi e fastidiosi, non saranno più una condanna.

Le relazioni, anche quelle difficili dalle quali vorremmo sfuggire, non saranno più una tortura. Perché quello che ci fa paura in quanto presagio di dolore è invece l’oscurità nella quale Dio si rivela Creatore onnipotente. La creazione, infatti, secondo la tradizione rabbinica, fu proprio una liturgia, nella quale “il Santo si avvolse nella propria veste come il preposto al servizio liturgico… e si avvolse nella luce come in un manto e irradiò lo splendore del proprio fasto…” (dal Talmud). Per compiere in noi la nuova creazione che trasforma la vita in una liturgia di lode la Chiesa stende il mantello di misericordia del Padre.

Così, impareremo a vedere Cristo che sta passando anche nei momenti più difficili di chi ci è accanto, nella consapevolezza che senza di Lui tutti sono malati. Spogliato l’uomo vecchio dell’egoismo e rivestito il mantello di Cristo, sapremo scendere nei luoghi di dolore degli altri, senza giudizi e moralismi, perché Lui sia ovunque e tutti lo possano riconoscere e toccare il suo amore in noi.

Fonte e approfondimenti

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Mc 6, 53-56
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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