Commento al Vangelo del 20 Gennaio 2019 – Fraternità Gesù Risorto

Le parole del profeta Isaia ricalcano altre pagine che abbiamo udito nel tempo natalizio, tempo in cui Gesù è stato manifestato come il dono di Dio per i poveri, l’inviato del Padre per far risplendere la luce ai popoli, il re degno di adorazione da parte di tutti, la stella visibile da lontano! Egli manifesterà l’amore di Dio per il popolo come l’amore di uno sposo per la sua sposa: sarà la gioia di tutti, di Dio e degli uomini! Questi gioiosi annunci ci aiutano ad accogliere la nuova manifestazione di Gesù, quella operata da lui stesso, la terza dopo quella della stella ai magi e quella del Padre al popolo raccolto da Giovanni presso il fiume Giordano.

L’occasione per questa manifestazione è data proprio da una festa di nozze, il giorno della gioia per l’amore degli uomini! Siamo a Cana, vicino a Nazaret. San Giovanni descrive il fatto avvenuto in modo che noi possiamo intuire molte allusioni a realtà più profonde e grandi, proprio come ad ogni matrimonio.

L’amore che nasce tra un uomo e una donna, che si ripropone di essere eterno, ci porta a considerare quell’amore davvero eterno che Dio riversa sul suo popolo e sull’umanità intera! È capace il popolo di contraccambiarlo altrettanto eternamente e altrettanto gioiosamente?

Troviamo la risposta nell’osservazione che Maria fa a suo Figlio: “Non hanno vino”! Il vino è segno e fonte di gioia. Gli sposi “non hanno vino”: significa che non hanno gioia? La gioia è frutto dell’amore vero e disinteressato. Allora gli sposi sono senza amore. Ma quali sposi sono senza amore?

Il popolo, descritto dai profeti come sposa scelta e amata da Dio, non serve più Dio, suo Sposo, con amore, ma lo serve per paura, come costretto, attento a osservarne i comandi come fosse schiavo. Ad un’osservanza siffatta portano gli insegnamenti dei farisei e le regole degli scribi. Al popolo non proviene gioia dal suo modo di obbedire a Dio. Nessuno è capace di dare il vino della gioia a questo «popolo-sposa» che non riesce ad essere fedele perché vive come una serva, che spera di non essere vista, e così fare le sue scappatelle in cerca di qualche surrogato d’amore.

Gesù sa che il vero amore, e quindi la vera gioia indistruttibile, viene dalla sua offerta al Padre, dal vino che egli darà da bere ai suoi discepoli, dal sangue versato sulla croce. “Non è giunta la mia ora”. Maria sa pure che il Figlio suo è già gioia per noi, e indica ai servi l’attenzione a lui e l’obbedienza. Obbedire a Gesù porta benedizione, benessere, vita, e gioia appunto.

Quando Gesù si trova accanto persone obbedienti, che gli somigliano, – perché lui è l’obbediente -, egli non le può ignorare.

Ed eccolo dare un ordine semplice e facile ai servi, quindi richiede loro un’obbedienza che noi diremmo cieca: portare dell’acqua al ‘chef’ come fosse vino da assaggiare! I servitori non si ribellano, obbediscono a Gesù. L’acqua dei recipienti di pietra, che pareva destinata solo a lavare mani e piedi, passando per la Parola di Gesù è diventata vino squisito!

Se, invece che obbedire solo esteriormente a Dio, gli obbedisci amando e ascoltando Gesù, ricevi vita, amore, gioia serena e vera soddisfazione! Se ubbidisci a Dio non per paura, ma per amore di Gesù, allora hai da donare a tutti ciò che rallegra la vita, un amore e una pace che stupisce! Quello di Gesù è il vino buono che viene dopo il vino scadente. La gioia dell’amore umano degli sposi è il vino scadente che, per di più, finisce presto. La gioia dell’obbedienza a Gesù è inesauribile, rende la vita degli sposi festa continua!

La gioia dell’obbedienza a Gesù fa sì che il suo popolo, la Chiesa, sia una sposa sempre pronta a seminare amore, amore concreto, amore per tutte le occasioni, esercitando carismi diversi a servizio di tutti! San Paolo nella seconda lettura ci presenta infatti la Chiesa attenta a servire con i doni che riceve da quello Spirito di Dio che la anima dall’interno! Questo Spirito è il vino di cui ella si disseta, il vino che essa può offrire a tutto il mondo invitato alla sua festa di nozze!

Quando siamo docili allo Spirito Santo la nostra vita è utile per tutta la Chiesa, che, purtroppo, appare divisa in diversi modi dal peccato dei suoi uomini. L’amore a Gesù e la docilità allo Spirito ci unisce, ci fa essere veri fratelli gli uni per gli altri, trasmettitori della gioia profonda e di quella fede che ci farà superare l’ostacolo della divisione per raggiungere l’unità santa, dono che il Padre farà risplendere ancora tra i suoi figli!

A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo  -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN

Leggi il brano del Vangelo

Gv 2, 1-12
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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