Inizia un anno, ma, nonostante propositi e speranze, probabilmente ci ritroviamo come ci siamo lasciati la notte di San Silvestro. Qualche banchetto, le feste in famiglia, le liturgie, ma oggi, eccoci qua, gli stessi peccatori di sempre, forse con qualche chilo in più. E poi il lavoro o la scuola che incombono per riabbracciarci nella routine, mentre, sottile, s’insinua la malinconia, accidia, secondo la tradizione della Chiesa. Non erano il capodanno e una lista di buoni propositi che avrebbero cambiato la nostra vita. Ma non disperare! Guarda, è meglio che ti sia accorto rapidamente che la vita non cambia davvero perché abbiamo preso degli impegni e ci sforziamo di rispettarli. Non ti meravigliare se ti scopri così incoerente. Se sei così instabile, incapace di reggere all’urto della storia. Anche in un uomo con una volontà di ferro esiste il peccato che lo rende vulnerabile e incoerente. Perché la debolezza ha sempre la meglio sulla forza! E’ un paradosso, ma è quello che sperimentiamo tutti, al punto che San Paolo rovescerà il criterio del mondo affermando che” quando sono debole allora sono forte”. Ogni debolezza, infatti, tappezza di erba – che oggi c’è e domani è seccata – il pascolo preferito dell’ “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Avendo dimenticato Dio, il mondo ha smesso di credere al peccato, al suo… Ma visto che il male c’è, pensa senza esito a “come” estirparlo, ignorando o non accettando che “Qualcuno” lo ha già fatto. Quanti falsi profeti si sono proclamati salvatori del mondo: loro sì che avrebbero cancellato il male, magari togliendo dal seno di una madre il bimbo malato che vi è deposto, o togliendo il respiratore a una vita incapace di raggiungere i target qualitativi predefiniti. Il demonio riesce a confondere peccato e peccatore, e così il mondo che gli obbedisce fa fuori i peccatori lasciando indenne il male. Le rivoluzioni, le ideologie, il terrorismo, le religioni che obbediscono a un dio giustiziere, si sono macchiate dei più feroci genocidi di peccatori. Come anche noi, terminator di malvagi. Cominciamo e non finiamo più, perché in tutti vediamo peccati che non sopportiamo in noi. In casa, quando “togliamo” di mezzo marito o moglie, o quando “scartiamo” i figli, amputando in loro quella parte di cuore o cervello che identifichiamo con il male: difetti e pensieri che gettiamo via insieme ai loro possessori. E ci illudiamo di avere “tolto” il peccato che avvelena la famiglia, l’ufficio, il condominio, il mondo. Ma oggi la Chiesa, come in ogni eucarestia, ci mostra un frammento di pane, una cosa piccola, insapore, e con fede afferma e annuncia che è Dio fatto cibo, è il Figlio fatto “Agnello di Dio” per “togliere il peccato del mondo”. “Ecco l’Agnello di Dio” che ha offerto se stesso senza riserve, senza esigere nulla, per estirpare dal nostro cuore il peccato.
Quanti di noi preti lo ripetiamo senza crederlo… E ci mettiamo alla testa di rivendicazioni e manifestazioni per la giustizia sociale; e spingiamo subdolamente le mogli a lasciare i mariti violenti e assenti, i figli ad emanciparsi dai genitori. Chi annuncia in ogni circostanza che solo l’Agnello di Dio salva il mondo, la famiglia, i lavoratori, perché “toglie” dal cuore l’origine del male, della divisione, dei soprusi, delle ingiustizie e della violenza? Lo annunciano i pastori? I catechisti? I genitori? Che cosa diciamo al figlio vittima del bullismo, di un’ingiustizia da parte di un professore, di un’esclusione da parte dei compagni? Che c’è un Agnello che ha vinto per lui? Che Gesù Cristo può “togliere” ora il peccato non dal cuore di chi ti ha fatto del male ma dal tuo, pieno di rancore e giudizio? Perché “il Messia, Leone per vincere, si è fatto Agnello per soffrire” (Vittorino di Petovio) al posto tuo e donarti il suo Spirito Santo. Agnello che prende su di sé il peccato di tuo figlio e dei suoi compagni, come il tuo e quello di ogni uomo per inaugurare il perdono, la parola fine a ogni divisione. Ecco l’Agnello su cui si infrange lo tsunami del male, che purifica il nostro cuore entrandovi come cibo di misericordia. Coraggio, è pronto per noi un trapianto di cuore perché un Agnello ci dona il suo per prendersi il nostro, malato, sporco, avvelenato. La Parola di Dio e le liturgie di questo Tempo di Natale sono state l’acqua del battesimo di Giovanni: ci hanno condotto sulle rive del Giordano dove oggi la Chiesa ci mostra l’Agnello, Dio che s’è fatto carne perché lo Spirito Santo si abituasse a rimanere in essa (S. Ireneo). Dio, infatti, si è fatto Agnello perché lo Spirito Santo sa vivere solo nella mitezza e nell’umiltà. Ed ecco, nella Chiesa l’Agnello ci fa agnellini per accogliere il soffio di vita di Gesù. Un anno da agnellini allora, ecco quello che ci aspetta. Sicuramente rifiutati, non compresi, inermi di fronte a tanto male. Ma con Cristo, Agnello senza macchia, uniti cioè al suo Corpo che è la comunità cristiana, possiamo discendere in ogni macchia di morte, e vincere nella sua risurrezione; amare sempre, anche il nemico. Solo se perdonati nel sangue dell’Agnello, la nostra vita cambia davvero; purificati nel sangue dell’Agnello mai più nessun oggi sarà uguale ad alcun ieri. Purché ogni giorno ascoltiamo l’annuncio del Battista e ci incamminiamo dietro l’Agnello, per consegnargli la nostra vita.