Un Presepe come Dio comanda – don Claudio Bolognesi

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In soffitta, tra gli scatoloni, ci dovrebbe essere anche quello con le statuine, la carta e tutto il necessario per il presepe. Quest’anno voglio farlo “come Dio comanda” come insegnano le letture delle messe di Avvento.

Per prima cosa ci serve Noè che costruisce l’Arca. Cosa c’entra? È il primo personaggio di cui parla il vangelo in questi giorni. Lui aspetta che la promessa di Dio si realizzi e senza smettere di vivere la sua vita inizia a costruire qualcosa di accogliente per salvare la sua famiglia e tutti gli esseri viventi. Il nostro presepe non è altro che la sua arca.

Sulla spiaggia del nostro presepe starà proprio bene. Nel mare vicino a Noè alcuni pescatori stanno pescando. Va bene anche se nella rete non c’è niente: ai pescatori capita. Attendono che Gesù li chiami e li faccia diventare pescatori di uomini. Anche in quel caso a volte succederà di non trovare niente, ma il vero pescatore non si abbatte. Se il mare non riusciamo a farlo, vanno bene anche i pescatori di fiume: mica valgono di meno! Il fiume però ci vuole assolutamente.

Va bene fatto sia con la stagnola che con l’acqua vera – con la  sicurezza che quest’ultima prima o poi esonderà fino ad arrivare al tappeto buono di casa. Dovrebbe sgorgare verso oriente perché è il fiume d’acqua viva del tempio del profeta Ezechiele. Lo stesso fiume di grazia aperto dalla lancia nel costato di Colui che hanno crocifisso. Ci vuole anche perché la prossima statuina, ed è fondamentale, è quella di Giovanni Battista.

Con il suo outfit griffato (tunica di pelle di cammello e cintura di pelle) e la sua dieta trendy a base di cavallette al miele ci ricorda che per essere pronti ad accogliere Gesù Bambino bisogna essere rivestiti e alimentati dalla Parola di Dio. Bisogna essere capaci di fare penitenza. Bisogna lasciarci innondare prima dall’acqua e poi dal fuoco dello Spirito. Giovanni spiega a tutti la strada verso Gesù. È un po’ molesto: la indica anche a chi non vuole sentire. Vicino a lui, un po’ nascosto, ci vorrebbe anche il suo maestro: Elia. Tra tutti i personaggi è quello più difficile da riconoscere.

Annuncia la salvezza ma bisogna avere orecchi buoni e tempo per fermarsi ad accorgersene. Chiede che i cuori di noi grandi si volgano verso i giovani, che li amiamo, che li educhiamo. Mica il contrario. Solo così ci accorgeremo del bimbo che nasce.

Lì vicino mettiamo due uomini che lavorano nel campo e due donne che macinano. Va bene anche se sono uguali, anzi è quasi meglio. Spesso da fuori non si vede la differenza tra chi vive sperando e amando ed è pronto ad incontrare Gesù che viene e chi invece no. Uno dei contadini si sta chiedendo se ne valga la pena: lavorare tutto l’anno per una sola settimana di gioia del raccolto. Ma è la domanda di un attimo.

Lui sa che ne vale assolutamente lo pena. è lo stesso che il padre quel mattino ha mandato a lavorare nella vigna. Subito ha detto “no” ma poi è andato. Quel disgraziato di suo fratello, quello che dice sempre “si” senza pensare, invece nella vigna del nostro presepe lo devono ancora vedere.

Sul tetto della casa sulla destra mettiamo l’uomo in attesa dei ladri che approfittano della notte per tentare di svaligiarlo. Va bene col fucile in mano. Per lui è tutta questione di sapere il giorno e l’ora. Non è così per chi aspetta Gesù: sono le tue scelte che dicono che sei sempre pronto.
Qualche soldato non può mancare. Non dico solo i soldatini o anche i cowboy col cappello morsicato che comparivano regolarmente e misteriosamente anche nel mio presepe da bambino. Parlo ad esempio del centurione teologo che sa di non essere degno che Gesù entri nella sua casa, ma si fida della sua parola potente e crede che già solo con quella il suo servo sarà salvato.
Nella piazza del paesello del nostro presepe ci sono poi alcuni anziani sapienti e con loro alcuni bambini. Ai piccoli Dio ha rivelato chi è il Figlio e sono i bambini che diventano maestri dei sapienti e indicano loro la direzione per la grotta. Qualche altro ragazzino gioca e canta con i coetanei. C’è una filastrocca che va molto di moda: “abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Chi sa come fa la musica?
Li vicino ci vuole un bel banchetto imbandito in una piazza ancora più in alto, in cima al monte. Meglio se è un banchetto nuziale. È il profeta Isaia che ci dice che sarà cosi alla venuta del Messia.

Nella zona residenziale del nostro presepe alcuni muratori stanno lavorando. Uno costruisce una casa piccina su uno sperone di roccia. L’altro in riva al nostro fiume costruisce una bella casetta sulla sabbia. Siccome fa meno fatica, e la casa viene su più grande e lussuosa, nel tempo libero prende in giro il collega. Mica sa che da lì a poco, alla prima inondazione, della sua bella casa non rimarrà proprio nulla. Mentre la casetta sulla roccia del muratore saggio che ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica rimarrà lì, piccolina ma bella solida. Vuoi vedere che… Ma sì, se giriamo l’angolo vediamo che nella stalla che ha fatto lì sotto sta per capitare qualcosa…

Mi viene un dubbio: a forza di farlo crescere questo paese è diventato una città; vuoi vedere che e Gerusalemme? Infatti ecco i capi dei sacerdoti e gli anziani che danno le spalle alla grotta, sono intrappolati dalle loro paure e fanno i loro calcoli da cattivi politici.

Sulla strada che conduce alla grotta due ciechi vanno verso Gesù. Si riconoscono dagli occhi bendati, dal fatto che si aiutano e che hanno bisogno dell’aiuto degli altri. Hanno sentito dire che il Messia che viene può aiutarli. Allora, perché non provare? Sono stati raggiunti da quattro uomini che portano un paralitico. I quattro sono determinati: pur di depositare il paralitico davanti al Messia sono disposti anche a scoperchiare il tetto di una casa.

In un presepe che si rispetti non possono mancare poi pecorelle a volontà. Se ci sono loro ci sono per forza anche i pastori. Tra tutti il mio preferito da sempre è quello giovane giovane con l’agnellino sulle spalle. Quell’agnellino ha una storia: è un po’ curioso e zuccone e si perde sempre. Il pastorello deve chiudere le altre pecore nel recinto e lasciarle da sole per andarlo a cercare.

Ma la notte di Natale, dopo averlo finalmente ritrovato ed esserselo caricato sulle spalle, un po’ per una luce strana, un po’ per i canti si ritrova davanti ad una grotta in cui è appena nato un bambino. I canti che si sentono dicono che quel bambino è il vero agnello che toglie il peccato del mondo e che porta la pace. Guarda che regalo ha fatto alla fine la pecorella smarrita al suo padrone!

Un po’ lontano, su di un’altra strada che porta anch’essa alla grotta alcuni personaggi, stanchi, non sanno se proseguire. Alcuni sono zoppi. Altri sono malati e ce ne sono che sembrano perfino lebbrosi. Ma una voce dentro di loro li sta chiamando assieme a tutti coloro che sono oppressi dalla fatica e dal male: il loro posto è vicino a quel Messia bambino che è nato per salvarli.

Intanto i campi e le montagne del nostro presepe si stanno popolando di animali: ci vogliono lupi, agnelli, leopardi con tanto di macchie, vitellini e cuccioli di leone. Mucche ed orse non mancano e non manca anche una vipera. Ma – meraviglia! – non fanno del male a nessuno e sono tutti lì che giocano insieme ai bambini sul prato. È la visione di Isaia; è quello che succederà alla fine del mondo.

Nella grotta quasi senza accorgersi della folla da presepe napoletano che si sta radunando, Maria e Giuseppe contemplano il bambino. Quel piccolo bambino indifeso che invece di fare miracoli, di far finire le guerre, di scacciare definitivamente le malattie ed ogni male a tratti sorride e a tratti, soprattutto quando ha fame, piange. C’è chi dice che lui (Lui) sia il più grande attentato ad ogni idolatria che sia mai esistito. In grado di far crollare ogni idea falsa e sbagliata di Dio se solo siamo capaci di credere che Lui, proprio Lui, è veramente Dio, è il nostro Dio. I suoi genitori se lo mangiano con gli occhi, come ogni genitore che si rispetti.

Per i due è difficile credere che sia il Salvatore del mondo. A loro basterebbe il fatto che è già il loro, di salvatore. Però è questo che gli hanno raccontato nei sogni. è questo che dice la Parola di Dio. Questo racconteranno quei personaggi, i Magi, capi della lunga carovana che giunge da lontano e che s’intravede già all’orizzonte.

Dovranno attraversare Gerusalemme. C’è quel brutto ostacolo che è Erode. Per ora sono dall’altra parte della stanza, sotto la televisione. Ogni giorno qualcuno li sposta e li troviamo più vicini. So che arriveranno.

Maria e Giuseppe sono i due veri discepoli: l’uomo giusto che tira fuori dal suo tesoro i doni preziosi della prima alleanza e sa accogliere quelli ancora più grandi della nuova. Segue la legge ma ancor prima i suoi sogni e sceglie di amare. Maria accoglie la Parola di Dio in modo così perfetto da renderla viva in tutta la sua vita. Così come dovrei (DOVREI…) fare io che sono intanto arrivato in fondo allo scatolone.

C’è rimasta solo una stella, con tanto di filo elettrico e pila. Sì, perché si accende, è speciale. È un po’ come un semaforo che ci ricorda che bisogna fermarsi per la preghiera più facile di tutte, fatta solo di contemplazione e stupore. La coda è facoltativa. Ah, no, scusate… è obbligatoria.

Nell’ultimo ritaglio di giornale stropicciato ci sono ancora l’asino ed il bue. Di loro non parla nessuno. L’asino ci immaginiamo che fosse il suv (e che suv…!) di Maria. Il bue perché siamo in una stalla e perché come riscaldamento indipendente è ottimo. Ci stanno proprio bene nel presepe. Forse sono lì che tengono il posto a me.

(Di seguito potete aggiungere senza il mio permesso tutti quelli che volete: dagli omini della playmobil e della lego, a Trump e Renzi passando per Salvini, Di Maio e i rifugiati dei barconi: almeno nel presepe si accolgono tutti).

don Claudio Bolognesi