La Parola di Dio, ascoltata e messa in pratica, genera gioia. È la gioia, infatti, il tema dominante del brano di Luca scelto dalla liturgia per celebrare la quarta domenica d’Avvento, ormai nell’imminenza della memoria cristiana dell’Incarnazione.
Il racconto è quello noto della visitazione di Maria ad Elisabetta. La strana visita di una ragazzina che, pur in stato di gravidanza, sente l’urgenza di recarsi dalla – assai più anziana – parente ad Ain-Karim, nelle zone più lontane della Giudea. La singolarità di un viaggio così lungo e difficile, in carovana attraverso montagne impervie, che terrorizzerebbe oggi una giovane donna nella prima fase della sua gravidanza, lasciano pensare che l’interesse dell’evangelista non sia tanto quello di sottolineare l’avvenimento storico raccontato, quanto piuttosto quello di mettere in luce la novità teologica dell’Annunciazione fatta pochi versetti prima dall’angelo a Maria.
La premessa per comprendere la Visitazione è, infatti, l’annuncio della straordinaria maternità di Maria (“Lo Spirito Santo scenderà su di te… colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”), annuncio al quale Maria aveva risposto con un semplice Eccomi, sono la serva del Signore. Questa povera vergine ha creduto veramente che “nulla è impossibile a Dio” e così Dio stesso ha fatto irruzione nella sua storia e in quella di tutti noi. Maria da vergine diviene madre di Cristo: la sua vita non sarà più la stessa. È la Parola a rivoluzionare la semplice vita fin dal primo annuncio, fin dalla sua prima visita, quella dell’angelo di Dio.
Il vangelo dell’infanzia di Gesù è dominato dal motivo della visita che oggi è tema centrale del brano di Luca. Dalla visita di Maria ad Elisabetta poi si proseguirà con le visite dei pastori alla mangiatoia, di Maria e Giuseppe al tempio, dello stesso Gesù al tempio. Da quel Fiat si mette in moto un dinamismo di relazione contagioso, che è segno della presenza della fede, in cui la Parola di Dio viaggia in fretta.
L’incontro tra due donne “in attesa” ci ricorda che il protagonista del racconto è qualcun altro, qualcuno che ancora deve venire e che, tuttavia, è già all’opera nel mondo. In fondo, la gravidanza richiama questo ed è frequente che, tra due donne incinte che si incontrano nella sala d’attesa, il soggetto ricorrente nei discorsi, negli auspici, nelle confidenze, nelle attenzioni sia proprio il nascituro. Così allo stesso modo, Maria ed Elisabetta innanzitutto raccontano, attraverso il loro incontro, chi hanno in grembo.
E lo fanno con una incontenibile gioia. Dal saluto di Maria ad Elisabetta scaturisce, infatti, la danza di Giovanni nell’utero della madre. Ed il sussulto profetico di Giovanni è anche il momento in cui Elisabetta ha la chiara comprensione di colei che ha di fronte: Benedetta sei tu fra le donne! Nell’incontro con Maria, nello sperimentare la sua vicinanza e la sua fede, nel gustarne la compagnia, l’accogliente Elisabetta è illuminata dallo Spirito di Dio e professa che è il Messia, il Signore ad essere custodito nel corpo della ragazza. È Maria la nuova shekinah, il luogo dell’immanenza di Dio.
Da qui parte il Magnificat, una splendida serie di citazioni bibliche, che mettono in primo piano le ragioni dell’agire di Dio, il senso della predilezione per la vergine di Nazaret.
Davvero il Dio del Magnificat è il presupposto per una speranza radicalmente nuova per l’intera umanità. V’è il capovolgimento dei criteri mondani, in cui predominano la forza e la potenza: Maria è beata in quanto eletta da Dio per la sua “pochezza”, per la tapeinosis che diventa preziosa agli occhi del Padre, che ha a cuore gli ultimi, gli sconfitti dalla vita, i peccatori.
La sua povertà assoluta si traduce in accoglienza, ascolto e, al fine, in felicità.
Anche per quello che avviene nella visitazione, Maria assume un ruolo di modello per l’intera Chiesa cattolica. Come recita la preghiera liturgica «Concedi, o Padre, alla tua chiesa di andare verso gli uomini nella carità e di destare ovunque la gioia per la presenza in lei di Gesù Cristo» (da E. Bianchi), Maria indica alla Chiesa il dinamismo verso l’umanità amata da Dio ed uno stile di attenzione non a sé stessa, ma al Salvatore, a Colui che ella ha custodito con devozione.
Lorenzo Jannelli
Fonte: Comunità Kairos (Palermo)