Trascrizione, non rivista dall’autore, del video della Giornata di spiritualità monfortana – Loreto, 15 settembre 2017 don don Luigi ha parlato di spiritualità.
Premessa
Molto spesso mi vengono affidati temi legati alla vita spirituale. Questo mi fa un po’ sorridere perché io di mestiere insegno filosofia e in realtà non sono assolutamente un esperto di questa materia. Tuttavia, credo che la cosa utile che magari possiamo fare insieme è cercare di farci delle domande e di entrare davvero dentro questa grande domanda. Quale spiritualità? Soprattutto precisando delle cose che, secondo me, noi non abbiamo molto chiare sulla nostra vita.
Ad esempio, noi usiamo la parola vita, vita interiore, ma io mi domando se tutti intendiamo la stessa cosa quando parliamo di vita interiore o di vita in generale. Quindi, il mio intervento, che sarà diviso in due, tre punti, cercherà soprattutto di precisare la questione. Spero, poi, che ciascuno di noi, vedendosela con il vero Maestro della vita interiore che è lo Spirito Santo e avendo a che fare anche con colei che dispensa abbondantemente lo Spirito Santo che è Maria, proprio perché Cristo sia formato in noi, dice san Paolo, sperimenti che questa è una faccenda che rimane estremamente personale.
Diffidate, in generale, di tutti quelli che vi vendono una tecnica. La vita spirituale non la si può rinchiudere in una tecnica. Nessuno può darvi delle istruzioni per l’uso. Qualcuno può darvi qualche dritta, qualche delucidazione, qualche indicazione, ma è un viaggio che ciascuno di noi elabora personalmente, perché ciascuno di noi è unico. Se una tecnica è valida, lo è in generale quando ci dà delle grandi coordinate, ma è impossibile dire che seguendo quell’itinerario tutti avremo la stessa conseguenza, lo stesso risultato.
Questo non ve lo dico io. Guardate il primo nucleo di amici, di Chiesa, dei discepoli, degli apostoli. Dodici persone, dodici personalità diverse, dodici storie diverse, dodici aspettative diverse, dodici maniere di guardare Cristo. Ma il Cristo è sempre lo stesso. È Lui che parla, è Lui che moltiplica i pani, è Lui che sfama, è Lui che risuscita, è Lui che sicuramente avrà perso tantissimo tempo a parlare con quei discepoli, con quelle persone senza che i vangeli abbiano registrato per forza questi colloqui. Eppure dopo tre anni di esperienza con la stessa persona – cioè non sono dodici Gesù diversi, ma è un unico Gesù e sono dodici persone diverse che lo guardano – nella vita di ciascuna di queste dodici persone la vita spirituale è maturata in maniera diversa. È maturata in maniera diversa in Giovanni, che resta sotto la croce; è maturata in maniera diversa in Pietro che invece va via, scappa come tutti gli altri e in lui c’è anche l’aggravante di rinnegare Cristo; ma c’è anche la maturazione della vita spirituale in Pietro che poi si pente, torna sui suoi passi, si converte, si lascia perdonare. Ma dobbiamo dire che la vita spirituale è maturata in una maniera drammatica in Giuda. Voi pensate che Giuda non avesse una vita spirituale? Chi di noi può avere questa presunzione di dire che Giuda non avesse una vita spirituale?
Avere una vita spirituale non significa automaticamente avere il paradiso in tasca, perché la vita spirituale, essendo proprio la vita dello Spirito, è una vita che ci lascia liberi, profondamente liberi. Cioè, può succedere che voi siete stati a messa – lì c’è veramente Gesù presente nell’Eucaristia – avete ascoltato la Parola, vi siete accostati alla comunione e un istante dopo, uscendo da quella messa, potreste imbracciare un mitra e ammazzare qualcuno. È possibile perché la grazia di Dio non ci toglie la libertà di agire, di scegliere, al contrario! Siamo noi che, forse in maniera molto infantile, desidereremmo una vita spirituale che ci faccia fare soltanto il bene, forse togliendoci anche l’opportunità del male. Ma questo è tutto ciò che c’era prima di Cristo. Dopo Cristo, ricordatevi quello che Gesù dice ai suoi discepoli: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. E Dio nel Figlio rischia con ciascuno di noi perché costruire un rapporto di amicizia significa mettersi nelle condizioni di essere tradito, di trovare degli amici che si addormentano quando lui ha bisogno, o che non lo prendono sul serio, oppure di trovare gente affidabile, gente che si porta appresso, gente che si ritrova sotto la croce.
Insomma, la vita spirituale non è mai qualcosa che si sostituisce alla nostra libertà. Questo muscolo straordinario che ciascuno di noi ha, che è la libertà, è qualcosa che deve crescere insieme alla nostra vita spirituale e deve entrare in consonanza con la nostra vita spirituale. Avere una vita interiore significa avere l’opportunità di fare spazio dentro di noi ad un respiro che è completamente diverso, ma fare spazio a questo respiro non ci toglie il peso e la responsabilità di essere umani, di viverci fino in fondo la nostra umanità.
Io credo che sia questo il motivo per cui il vangelo non censura alcune cose anche di Gesù stesso. Il suo pianto, ad esempio, il senso di smarrimento che prova, la paura, il sudare sangue, il sentirsi abbandonato, il dire di sentirsi abbandonato. Come è possibile che Gesù, che è nel seno del Padre, che è veramente il Figlio, possa sentire tutto questo? Perché Gesù è veramente uomo! Non dobbiamo avere paura di essere veramente umani, facendo spazio a ciò che è veramente divino attraverso la vita spirituale.