2Sm 7,1-5.8b-11.16: Dio preparerà una casa a Davide
Nella celebre profezia Dio ribadisce che non è Davide a prepararGli una casa, al contrario è Dio stesso che farà una casa, cioè una dinastia, a Davide, perché possa abitare nel cuore degli uomini (= ecco il senso del Natale!).
La promessa di Dio a Davide e il messianismo. L’oracolo dell profeta Natan è il primo documento letterario che attribuisce carattere messianico alla dinastia davidica. Per gli studiosi si tratta di un oracolo antico, al quale si ispirano anche i Salmi “messianici” o “regali”. I discendenti di Davide venivano chiamati “messia” (“cristos”, “unto”, “consacrato”) e sullo sfondo della loro attività regale era possibile intravedere l’attività stessa dell’atteso Messia.
2Sam 7 è una pagina di grande importanza per comprendere il rilievo messianico che avrà la dinastia davidica e per intuire un dato fondamentale della Bibbia, quello della presenza di Dio non tanto nello spazio sacro quanto piuttosto nel tempo, cioè nella storia e nelle vicende dell’esistenza umana. Al desiderio di Davide di erigere un tempio grandioso nella capitale appena costituita, così da avere come cittadino del suo regno anche il Signore, il profeta Natan entra in scena con la risposta sorprendente di Dio. È una risposta che gioca sul duplice valore della parola ebraica bayit, che significa da un lato “casa” materiale, edificio, e dall’altro “casato”, cioè dinastia e generazione di uomini. Il Signore, più che essere inquadrato nello spazio sacro di un tempio, ama essere presente nella realtà che più aderisce all’uomo, cioè la storia, espressa nella linea dinastica davidica.
Importante è la promessa dei versetti 11-12: «Il Signore ti dichiara che egli certamente ti farà una casa… Io farò sorgere dopo di te il tuo discendente… e renderò stabile il suo regno». Certo, il figlio di Davide, Salomone, edificherà anche il tempio. Ma prima della casa materiale per Dio il Signore stesso farà una casa di pietre vive, cioè di persone, per Davide. Sarà, appunto, la dinastia davidica. È sulla base di questa promessa che fiorirà la speranza di un discendente davidico che sia presenza piena di Dio nell’umanità, il Messia.
Al dono di questa “casa” Davide reagisce con una lunga preghiera, carica di ripetizioni. È un ringraziamento prorompente che sottolinea innanzitutto le scelte sovranamente libere di Dio, il quale manifesta la sua grandezza attraverso la piccolezza degli uomini e ribadisce l’elezione d’Israele quale popolo amato e prediletto dal Signore, sede della sua presenza e della sua rivelazione gloriosa. Il testo è da leggere direttamente nell’originale per coglierne il filo spirituale che è spesso ribadito e sottolineato.
Questa preghiera di ringraziamento di Davide sottolinea il tema centrale che era apparso nell’oracolo del profeta Natan, quello della promessa di una “casa”, cioè di una dinastia, fatta al re da parte del Signore. Al desiderio di Davide di erigere al suo Dio un tempio in Gerusalemme risponde la decisione di Dio di rendersi presente all’interno della “casa” di Davide, cioè di coloro che discenderanno da lui.
Per dieci volte risuona la definizione “tuo servo” con cui Davide si presenta al Signore, nella certezza che egli sarà uno strumento per l’attuazione del progetto di salvezza divino all’interno delle vicende storiche di Israele. Come si è detto, l’oracolo di Natan e la risposta orante di Davide costituiranno uno dei punti fermi nell’interpretazione della storia d’Israele che l’autore sacro svilupperà, aprendola alla speranza messianica.
Lc 1,67-79: Il cantico di Zaccaria.
Ritrovata la voce dopo la disobbedienza nel Tempio, è il ringraziamento a Dio per le azioni salvifiche compiute adempiendo le promesse fatte ad Abramo e a Davide. Ancora una volta (nei vv. 76-79) viene ribadita la missione del Battista: andare avanti al Signore a preparargli le strade, dare al popolo la conoscenza della salvezza: dall’alto sorge un Sole che rischiara quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, per dirigere i passi di tutti sulla via della Pace (= Xsto).
È il famoso inno di Zaccaria: è il secondo, dopo quello di Maria, e probabilmente è un cantico della Chiesa delle origini messo sulla bocca di Zaccaria perché ben si adatta a illuminare il significato della missione di Giovanni e dell’intera storia della salvezza. Il canto è chiamato convenzionalmente Benedictus, dalla prima parola della versione latina.
È un testo che nell’originale greco è costruito su un’unica lunga frase, a cui si aggiunge in finale una seconda frase destinata a definire il futuro del piccolo Giovanni. In questa benedizione si esalta l’azione divina, che ha retto l’intera storia di Israele e che ora approda a pienezza con l’avvento del Messia, il Signore Gesù, sole che illumina i nostri passi e che il Battista indica a noi perché lo seguiamo «sulla via della pace». Si chiude, così, il quadro dedicato alla nascita di Giovanni.
Dio interviene attraverso Giovanni per preparare la starda a Colui che è la Salvezza e la Luce del mondo.
Si avvicina sempre più il momento di Grazia: l’incontro con Dio in Xsto.
A cura di P. ERNESTO DELLA CORTE biblista – File PDF completo