Preparare la via al Signore e aprire i suoi sentieri e togliendo gli ostacoli che si frappongono all’incontro con Gesù.
Giovanni Battista
Identificare Giovanni Battista con l’Avvento risulta ovvio, considerato il soprannome di Precursore attribuitogli dalla Scrittura stessa, con il quale siamo soliti definirlo. I tre sinottici -Mt 11,10; Mc 1,2-3; Lc 3,4- gli applicano la profezia di Isaia: «Ecco io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te… Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore » (Is 40,3). Nel caso di Matteo è lo stesso Cristo che, esaltando la figura del Battista, gli applica la profezia; l’evangelista Giovanni, che predilige il linguaggio simbolico, lo definisce «testimone della luce» (Gv 1,7-8).
Non ci deve pertanto stupire che in questo tempo di preparazione la liturgia ci proponga la figura e il messaggio di Giovanni Battista in tutti i vangeli della seconda e terza domenica di Avvento, in tutti giorni della terza settimana e nei giorni immediatamente precedenti la venuta del Signore.
Il personaggio
Luca ci racconta con molti particolari l’annuncio solenne della nascita di Giovanni. Come dice A. Nocent: «Così Dio vuole sottolineare che egli stesso prende l’iniziativa della salvezza del suo popolo. Egli stesso sceglie gli strumenti e se ne serve a modo suo. L’annuncio della nascita di Giovanni è solenne: esso avviene nell’inquadratura liturgica del tempio. Fin dalla designazione del nome del bambino, “Giovanni”, che significa: “Dio è favorevole”, tutto diventa una precisa preparazione divina dello strumento che il Signore si è scelto. Il suo arrivo non passerà inavvertito e la sua nascita sarà accolta con gioia da molti (Lc 1,14). Sarà un uomo consacrato e, come prescrive il libro dei Numeri (6,1), si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti. Il nazireato è già segno della sua vocazione di asceta. Lo Spirito abita in lui dal seno di sua madre. Alla vocazione di asceta si aggiunge quella di guida del popolo (Lc 1,17). Egli precederà il Messia, funzione che Malachia attribuiva a Elia (3,23). Nella sua circoncisione un fatto significativo indica ancora la scelta divina: nessuno nel suo parentado porta il nome di Giovanni (Lc 1,6), ma il Signore vuole che sia chiamato così, sconvolgendo le usanze. È il Signore che lo ha scelto, è lui che dirige il gioco e conduce il suo popolo». L’incontro fra Giovanni e Gesù, tra il Precursore e il Salvatore, avviene già prima della nascita. È l’unione tra i due Testamenti, nel momento in cui l’Antico lascia il passo al Nuovo. Al significativo particolare dell’annuncio delle loro nascite, si aggiunge l’incontro nel seno materno, quando Maria visita Elisabetta e la creatura di questa le salta di gioia nel grembo (Lc 1,39-45). Gesù causa gioia, Giovanni la riceve. Le loro madri, partecipi della gioia, intonano ognuna un canto di lode. Elisabetta si rivolge alla madre del suo Signore, dichiarandola benedetta tra tutte le donne; Maria, riprendendo le promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza, proclama la grandezza del Signore e si rallegra in Dio, suo salvatore (cf. Lc 1,46-56). Abbiamo una stretta consonanza anche nella designazione divina dei loro nomi e nell’accostamento dei loro significati: favore di Dio, salvezza di Dio; nei cantici profetici di Zaccaria e di Simeone, quando i bambini saranno circoncisi. La consonanza si farà abbraccio nel passaggio da un’èra all’altra in occasione del battesimo di Gesù da parte di Giovanni; e si farà abbraccio di congedo quando, dopo aver indicato Gesù come «l’Agnello di Dio colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29), Giovanni riconosce umilmente: «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,30).
Dopo averci offerto tanta abbondanza di particolari sulla sua nascita, i vangeli non ci parlano più di Giovanni Battista fino al battesimo di Gesù. Alcuni autori avanzano congetture e supposizioni a questo proposito: che si fosse formato in una delle comunità di vita ascetica del deserto (gli esseni) e che alcuni membri di tali comunità lo avessero seguito come discepoli per iniziare la sua predicazione… I vangeli lo presentano mentre predica la conversione secondo la missione profetica che gli era stata affidata. Ci offrono alcuni dettagli (per esempio Mt 3,1-12) dai quali deduciamo la sua personalità: vita austera, penitente, radicale; uomo sincero e incorruttibile, esigente e coerente. L’abbigliamento, il cibo, il modo di parlare ci rivelano la figura del profeta di vecchio stampo.
Punto di contraddizione, trascinerà masse di persone semplici in sincera ricerca, ma si scontrerà con l’opposizione delle classi privilegiate, che vedevano vacillare la loro posizione, se le dure denunce di Giovanni, tanto scarne quanto giuste, avessero sortito il loro effetto. La fine del Battista, la decapitazione, ne è una drammatica testimonianza (Mc 6,17-29).
Nessun altro personaggio ha avuto il privilegio che egli ottenne, dal momento che Gesù stesso gli dedicò un panegirico: « Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te”. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,2-11; Lc 7,24-30). Proprio queste parole di Gesù, che riassumono ed esaltano la figura di Giovanni, ci danno l’occasione di addentrarci nella descrizione della missione a lui affidata.
La sua missione
Gesù non poteva essere più esplicito nell’applicare a Giovanni le parole del profeta: «Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero». Giovanni Battista è il segno dell’irruzione di Dio in mezzo al suo Popolo. Come aveva proclamato il padre Zaccaria intonando il Benedictus (Lc 1,67-69), il Signore visita e redime il suo popolo realizzando le promesse. Egli è il Precursore e il suo ruolo è «preparare la via al Signore». Il compimento di questa missione si riassume a sua volta nella frase che i vangeli ricordano come inizio della sua predicazione: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
Ma, per quanto importante, la missione di Giovanni non finisce qui, bensì raggiunge il suo punto culminante nel duplice incontro che abbiamo citato prima: il battesimo di Gesù e la designazione di Cristo da parte di Giovanni come l’Agnello di Dio. Dicevamo che è l’incontro e il passaggio da un’alleanza all’altra. Il battesimo di Giovanni era battesimo di acqua in segno di penitenza per i propri peccati. Quello di Gesù sarà un battesimo «in Spirito Santo e fuoco» (Mt 3,1-12): brucerà il peccato, ma anche la morte, sua nefasta conseguenza; sorgerà la nuova luce e lo Spirito infonderà la vita nuova. Coloro che rinasceranno a questa vita rinasceranno alla vita stessa di Dio, saranno fratelli di Cristo e partecipi del suo trionfo e della sua risurrezione. In questo senso Gesù diceva che «il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui (Giovanni)» (Mt 11,11).
Questo aspetto viene simboleggiato, con le rispettive differenze, dalle date che la liturgia segnala per la nascita di Gesù e di Giovanni. Da una parte i due personaggi, strettamente uniti, che dividono in due il calendario coincidendo con i solstizi d’inverno (25 dicembre) e d’estate (24 giugno). Dall’altra Giovanni, come luce splendente dell’Antico Testamento, ha la sua festa nel giorno più lungo dell’anno. Tuttavia non può riuscire a dominare la notte; egli non è la luce ma il testimone della luce (Gv 1,8). Domani la notte comincerà a essere un po’ più lunga di oggi, sempre un po’ di più… fino alla notte di Natale, la più corta. Si direbbe che le tenebre abbiano vinto, ma non è così. Cristo nasce oggi. Egli è la luce, il nuovo sole e perciò domani il giorno sarà un po’ più lungo, un po’ di più… e la luce vincerà le tenebre.
Anche l’altro momento è particolarmente significativo. «In modo ancora più positivo – dice A. Nocent – Giovanni dovrà indicare colui che è già presente ma che ancora non si conosce (Gv 1,26) e che egli addita quando lo vede venire da lui: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Giovanni corrisponde e vuole corrispondere a ciò che è stato detto di lui e predetto per lui. Deve testimoniare che il Messia è presente. Il modo con cui lo indica già esprime ciò che il Cristo rappresenta per lui: è “l’Agnello di Dio”. Il Levitico nel capitolo 14 descrive l’immolazione dell’agnello in espiazione dell’impurità legale. Leggendo questo passo, san Giovanni evangelista pensa al servo del Signore descritto da Isaia nel capitolo 53 e che porta su di sé i peccati d’Israele. Giovanni Battista, indicando il Cristo ai suoi discepoli, già lo vede come la vera Pasqua che supera quella dell’Esodo (12, 1) e dalla quale l’universo otterrà la salvezza». A partire da questo momento si mette in disparte. Non si tratta di una minuzia: è una parte altrettanto fondamentale della sua missione con un messaggio molto concreto.
Il suo messaggio
Il messaggio di Giovanni Battista costituisce la parte fondamentale dell’Avvento: «Preparate la via al Signore». I punti specifici e la concretezza di tale messaggio si trovano sviluppati nella seconda e terza domenica, nella terza settimana e nei giorni 19, 21, 23 e 24 dicembre. Se volessimo esporli, dovremmo rifarci alle pagine corrispondenti; per il momento ci limiteremo a presentarne un riassunto.
1) Convertitevi. È l’obiettivo da raggiungere, con quanto la conversione comporta come mutamento di mentalità alla luce della parola di Dio e come adeguamento dei nostri criteri a quelli del Signore; insieme a un cambiamento del cuore, perché i nostri atteggiamenti e comportamenti siano quelli che esige il regno di Dio e che Cristo viene a stabilire come regno di salvezza. Il momento culminante di questo processo dovrebbe essere costituito dalla celebrazione della penitenza.
2) Atteggiamento penitente. Non si tratta tanto di fare penitenze e sacrifici, quanto di adottare l’austerità, la sobrietà e la semplicità come forma di vita. Dominare quanto ci porta a eccedere nelle abitudini e nei costumi, come negli atteggiamenti e nei comportamenti, sarà la miglior penitenza per appianare i sentieri.
3) Sincerità, autenticità. Il Battista è durissimo nel denunciare l’ipocrisia dei farisei e dei sadducei, come poi lo sarà il Signore. Annuncia che Dio userà la scure con «ogni albero che non produce frutti buoni», che sarà «tagliato e gettato nel fuoco»; e con il «ventilabro pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile» (Mt 3,10.12).
4) Frutti della conversione. In positivo, la condivisione: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3,11). Sempre in positivo, anche se espressa negativamente, l’onestà («Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato», Lc 3,13) e la giustizia («Non estorcete niente a nessuno» Lc 3,14).
Tuttavia, oltre al messaggio espresso in parole, Giovanni Battista ne trasmette uno eloquente attraverso due modi di operare, frequentemente presentati come aneddoti.
a) Fede Purificata nella Prova. Quando Giovanni invia i suoi discepoli a chiedere a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» (Mt 11, 3) sta pensando alla prova di fede cui si vede sottoposto. Gli schemi mentali che aveva concepito riguardo al Messia non corrispondono a ciò che raccontano di Gesù di Nazaret. Infatti dicono che non condanna ma perdona; non è implacabile ma comprensivo; non impone ma invita; non abbatte come un giustiziere ma ama fino alla tenerezza. Allora Giovanni cerca, chiede, consulta… e accetta i piani di Dio che non coincidono con i suoi. Una grande lezione di fede e un buon sostegno per la fede dei discepoli.
b) Testimonianza sino alla fine. Non ci riferiamo alla sua morte che è solo il sigillo finale. La firma l’aveva messa prima, accettando la conclusione del suo ruolo. «Compito difficile -continua A. Nocent- quello di essere presente al mondo, fermamente presente fino al martirio, come Giovanni, e non mettere davanti un’istituzione invece della stessa persona di Cristo! Ruolo missionario sempre difficile quello di annunciare la buona novella e non una razza, una civiltà, una cultura, un paese: “Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,30). Annunciare la buona novella e non una determinata spiritualità, un certo ordine religioso, un certo movimento cattolico speciale, una certa chiesuola; come Giovanni, mostrare ai nostri discepoli dove sta per essi “l’Agnello di Dio”, e non impossessarsene, come se dovessimo essere noi stessi la loro luce».
Certo, deve essere difficile accettare e compiere questa missione, e infatti alcuni discepoli di Giovanni costituirono comunità proprie e si opposero alle prime comunità cristiane. I vangeli, che riflettono i problemi delle comunità apostoliche, ci offrono vari indizi di questa opposizione. Per esempio la domanda sul perché i discepoli di Giovanni digiunavano e quelli di Gesù no. Deve essere molto difficile saper restare al proprio posto, poiché la Chiesa di oggi è piena di protagonismi e persino di settarismi, che non assomigliano in nulla alla testimonianza di Giovanni né all’atteggiamento evangelico.
Le parole dell’Avvento
A) Deserto e fiume
Se il deserto è il luogo dell’intimità con Dio, della prova, della purificazione, dell’abbattimento degli idoli, viverne la spiritualità, oggi, deve comportare tante conseguenze: non lasciarci prendere dall’affanno delle cose; non sprofondare nello scoraggiamento quando si sperimenta l’aridità e la fatica nel quotidiano, con tutte le sue tentazioni; abbattere i piccoli idoli che abbiamo eretto, forse anche accanto alla croce, nel santuario della nostra coscienza.
E se il fiume, nella simbologia biblica, indica la salvezza che straripa provocando novità di vita, sarebbe opportuno chiederci se noi da queste acque ci lasciamo appena lambire, rimanendo a mezza costa o sul greto, sedotti magari solo dalla curiosità, oppure ci siamo decisi cordialmente a «entrare nel fiume».
B) Parola e voce
II Battista, definito semplice voce di colui che verrà dopo e che sarà la Parola, deve provocare, in noi, una conversione all’umiltà, alla coscienza del limite, al rifiuto di ogni arrogante prevaricazione. Noi siamo i servi della Parola. Le prestiamo vibrazioni e risonanze. La portiamo lontano e le diamo cadenze di attualità. Ma la Parola è Cristo. È lui che giudica e che salva.
Forse la considerazione della nostra semplice strumentalità, oltre che spingerci all’approfondimento della Parola che poi, come credenti in Gesù, dobbiamo rivestire di voce, potrebbe riscattarci anche da non pochi abusi di potere.
C) Denuncia e proposta
Lo stile di Giovanni che rimprovera gli ebrei e, ricorrendo al vocabolario più duro, ne sferza la cattiva condotta di vita, potrebbe fuorviarci, se non tenessimo presente che, nel suo messaggio, accanto alla denuncia si colloca l’annuncio, con una incredibile forza propositiva. «Razza di vipere», sì. Ma anche: «Convertitevi», «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri: il regno dei cieli è vicino» (Mt3, 3).
Ci sarebbe da chiedersi se anche nelle nostre comunità cristiane lo sbilanciamento sui versanti della denuncia, che per altro non ha molto bisogno di inventiva, non debba essere ricondotto a più maturo equilibrio mediante proposte positive, incoraggianti, che facciano appello alle risorse della speranza. Sarebbe ben triste che scambiassimo la profezia con l’esercizio del brontolare cronico, dimenticando che essa è danza più che lamento.
D) Acqua e fuoco
«Io vi battezzo con acqua… egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Mt 3, 11). È molto significativo che già lo Spirito Santo venga insediato al centro dell’economia di salvezza. Non è raro, infatti, che il Natale venga percepito come espressione del protagonismo solo del Padre e del Figlio, rimandando quasi una più seria presa in considerazione dello Spirito Santo al periodo di Pentecoste. Non c’è nulla di più deleterio di questa visione.
Non sarebbe fuori posto oggi buttare lì, come una pietra nello stagno, una domanda a bruciapelo: che cosa significa per noi credenti fermarsi all’acqua di Giovanni?
E) Grano e pula
Non è esercitare forme di ricatto o di terrorismo spirituale, su di sé o sugli altri, se oggi ci chiediamo qual è la percentuale della crusca nel frumento della nostra esistenza. E non è neppure dare sfogo all’ingenuità se ci si esercita in una specie di bilancio di previsione, pensando a quale sarà la crusca della nostra vita che il Signore un giorno brucerà e a quali saranno i chicchi di grano lucente che egli riporrà nei suoi granai. È solo il tentativo di chi vuol tradurre in spessore di concretezza l’invito alla conversione.
(Don Tonino Bello, Avvento. Natale. Oltre il futuro, Padova, Messaggero, 2007, 61-66).