Il commento alle letture del 27 Novembre 2018 a cura del sito Dehoniane.
XXXIV settimana del tempo ordinario II settimana del salterio
La (nostra) terra
La distruzione del tempio di Gerusalemme è un argomento triste e assai spinoso nella storia di Israele. La profezia di Gesù, in cui si annuncia la sua prossima rovina, non è un giudizio insensibile al valore di questo luogo religioso, ma l’occasione di orientare lo sguardo verso un orizzonte più profondo in relazione alla venuta del regno di Dio nella storia. Così, come racconta il Vangelo di Luca, «mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi», Gesù dice: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (Lc 21,5-6). Anche se nessuno ama riconoscere di essere maggiormente incantato dalle forme esteriori, dobbiamo ammettere che siamo molto sensibili a tutto ciò che riesce a intercettare immediatamente il nostro bisogno di verità e di bellezza. Per questo il Signore Gesù cerca di non fermarsi allo splendore della facciata del tempio, ma prova ad andare oltre, cogliendo non solo la situazione presente ma anche il «destino» futuro a cui va incontro un edificio che si propone di essere il simbolo dell’incontro tra Dio e gli uomini.
Ormai prossimo a consumare il suo mistero pasquale, Gesù guarda il simbolo dell’istituzione religiosa in Israele con un certo disincanto, sapendo bene quale grande trasformazione il suo sacrificio d’amore stia per imprimere nell’esperienza del popolo ebraico e dentro la storia umana. Consapevole di essere foriero di un’impensabile novità – pur dentro la preparazione che tutto il Primo Testamento ha costruito – Gesù aggiunge parole di rassicurazione di fronte alla comprensibile paura che i suoi interlocutori manifestano, davanti all’ipotesi di perdere i punti di riferimento acquisiti: «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine» (21,9).
Attraverso l’esperienza della persecuzione e del martirio, le prime comunità cristiane hanno saputo maturare una certa disponibilità a leggere le grandi trasformazioni storiche non solo come dolorose privazioni, ma anche e soprattutto come misteriose espansioni della vita di Cristo nella nostra umanità. Il libro dell’Apocalisse offre un’immagine significativa di questi momenti, nei quali Dio permette che la storia conosca grandi potature perché una vita nuova e maggiormente inclusiva possa manifestare l’insorgere del regno di Dio. Con un’immagine bucolica, l’autore del libro descrive la preparazione e l’esecuzione di queste drammatiche trasformazioni come sante mietiture corrispondenti a una precisa volontà di Dio: «Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta» (Ap 14,16).
Quando improvvisamente crollano situazioni e realtà per cui ci siamo impegnati per lungo tempo, non possiamo che sperimentare una grande paura e un forte disagio. Eppure questo doloroso passaggio serve alla terra per rimanere fertile e restituire al cielo, nella forma del frutto abbondante e rigoglioso, i semi ricevuti. Attraverso la parola di Dio contenuta oggi nelle Scritture, siamo chiamati a ricordare che ogni terra – anche la nostra – deve essere mietuta con la falce per poter offrire a Dio i frutti del suo amore e della sua provvidenza. Per contemplare senza timore questa rivelazione – consapevoli che, in fondo, sempre e solo la morte a noi stessi è necessaria alla vita nuova –, l’arte della preghiera rimane la principale risorsa a cui attingere. Soprattutto per diventare così fiduciosi da poter riferire a noi quelle parole che la liturgia mette sulle labbra di ogni figlio di Dio chiamato a portare frutto nell’amore: «Vieni, Signore, a giudicare la terra» (Salmo responsoriale).
Signore Gesù, vieni a sederti sulla nube interiore che a volte ci impedisce di vedere e a volte ci svela i movimenti del cielo. Vieni a distoglierci dall’apparenza rassicurante delle esperienze emotive e dei giudizi consolidati. Vieni a liberarci dalla paura delle grandi trasformazioni e restituzioni, necessarie perché la nostra terra faccia spazio al tuo regno.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Lc 21, 5-11
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net
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