Dehoniane – Commento al Vangelo del 10 Novembre 2018

Il commento alle letture del 10 Novembre 2018 a cura del sito Dehoniane.

S. Leone Magno, papa e dottore della Chiesa (memoria)
 XXXI settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

Due padroni
Gesù è sempre molto attento al modo in cui l’uomo si relaziona ai beni di questo mondo, e al denaro in particolare. E Gesù nota, con estrema lucidità, come l’uomo di fronte ai beni di questo  mondo sappia mettere in atto tutte le sue capacità pur di raggiungere degli obiettivi precisi a riguardo delle ricchezze. A volte l’uomo raggiunge questi fini con dei mezzi leciti; altre volte mette in atto una serie di operazioni moralmente discutibili (è il caso del nostro amministratore, il personaggio della parabola che precede il brano della liturgia di oggi). Ma Gesù nota anche come l’uomo, di fronte alle ricchezze, corra sempre un rischio: quello di lasciarsi catturare dai beni di questo mondo e si illuda che la sua vita possa dipendere o possa essere assicurata a partire dal tanto o dal poco che uno possiede. È il rischio insito nella natura stessa della ricchezza, che Gesù chiama «disonesta» (Lc 16,9). La ricchezza promette all’uomo il possesso della vita, ma lo illude, perché non può mantenere questa promessa. La vita non solo non si riduce ai beni di questo mondo, ma dipende da Qualcun altro, da colui che la dona e ne svela il senso profondo. Gesù ci ricorda che solo in relazione a Dio e al suo regno è possibile acquistare un giusto rapporto con la ricchezza e usarla in modo saggio. E nel brano di Luca oggi proposto dalla liturgia, ci vengono offerti due criteri per usare la ricchezza in modo «evangelico» e, in un certo senso, per neutralizzare la sua pericolosità.

Il primo criterio che ci permette di discernere il valore autentico dei beni di questo mondo è quello della condivisione: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (16,9). Gesù ci mette di fronte a un rischio: riusciamo a mettere in gioco tutte le nostre capacità per dei beni che alla fine, e lo sappiamo, non durano, mentre rimandiamo decisioni o scelte per ciò che conta veramente. L’unico modo saggio per rendere i beni di questo mondo una garanzia per il futuro è aprirli alla logica della condivisione, soprattutto con i più poveri: il dono rende la vita feconda e la orienta alla pienezza. E anche la ricchezza, quando è condivisa, entra in questa dinamica.

Ma c’è un secondo criterio molto importante che permette di collocarsi in modo giusto di fronte alla ricchezza. Si tratta di riconoscere che la propria vita acquista la sua verità e libertà solo se si mantiene costantemente in relazione con colui che può veramente renderla autentica: Dio. La ricchezza ha il potere di catturare il cuore dell’uomo e renderlo schiavo, tanto che l’uomo non si serve più della ricchezza, ma la serve, cioè condiziona a essa tutta la sua vita. La ricchezza diventa idolo e rende la vita lacerata: uno si illude di essere libero, ma è schiavo. Gesù ci pone di fronte a questo pericolo, a questa alternativa sempre presente per l’uomo: «Nessun servitore può servire due padroni […]. Non potete servire Dio e la ricchezza» (16,13). La sola garanzia per essere liberati dall’idolo della ricchezza è l’umile e liberante servizio al Dio della vita, a quel Dio che ci ha donato la vita e la orienta alla pienezza, alla condivisione con la sua stessa vita. Quando si vive nel servizio all’unico Signore della vita, allora si vive nella libertà. Con l’apostolo Paolo si potrà dire: «So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza», perché «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,12-13). La libertà interiore che ci permette di usare saggiamente dei beni di questo mondo, ma soprattutto non permette che il nostro cuore si lasci catturare da essi, è il dono    di una vita totalmente orientata alla ricerca del Regno. Quando è chiaro che il vero tesoro è conservato nelle «dimore eterne» (Lc 16,9), allora il nostro cuore camminerà speditamente verso di esse e saprà orientare a esse anche i beni di questo mondo. Dio ce li ha donati per condividerli e per poter vivere nella libertà e nel rendimento di grazie, certi che Dio ha cura di noi.

O Signore, spesso il nostro cuore è diviso perché è schiavo di molti padroni. Non possiamo servire te e gli idoli. Ricomponi nell’unità la nostra vita, perché possa camminare unicamente nel tuo amore e possa cercare quel tesoro che non si corrompe, il tesoro del tuo regno, il tesoro della tua pace.

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 16, 9-15
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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