A volte succede anche a noi di sederci sul bordo di un pozzo, sulla riva di un lago (quante volte Gesù l’ha fatto!) e dirci non senza perplessità: “Com’è difficile la vita!”. La parabola del vangelo odierno lo conferma: quattro semine della parola di Dio, ma tre volte su quattro il risultato è negativo, è uno scacco.
Il primo terreno è la strada, il seme è calpestato e portato via. Immagine della nostra banalità, intontimento, distrazione. Non ce ne accorgiamo, e ci è sottratta di mano la vita!
Il secondo terreno è il terreno petroso: gioia iniziale, che resta epidermica, non mette radici, non va in profondità. Le radici crescendo conoscono una luce che è tenebra, l’oscurità del terreno. Le radici sono fatte delle umiliazioni subite e accettate, nella fedeltà del lungo tempo, del lungo percorso. È il contrario del credente “a termine”, “per un certo tempo” (8,13): crede fin che le cose vanno bene, ma poi prende paura, entra in un’ansia paralizzante, nel panico, quando inizia a non splendere più nulla, ma solo la lunga distesa dei giorni fatta di piccole cose quotidiane, cose che han l’aria da nulla, ma danno la pace.
Il terzo terreno è segnato da spine. Ci sono, inevitabili. Ma ci fanno mettere in discussione tutto, perché non accettiamo che le spine semplicemente esistono, per tutti: è la vita! Lo aveva ben capito Basil Hume, il cui motto episcopale fu “Pax inter spinas”. Pace, non senza spine, non oltre, o dopo le spine, ma in mezzo alle spine. O Cristina Campo: “Le rose son tutt’uno con le spine, adesso”.
Infine il quarto terreno, il terreno che dà frutto cento volte tanto, un terreno minoritario, ma che fa dire: “nonostante tutto, valeva la pena!”.
È un terreno con due caratteristiche, che sembrano troppo poco, troppo “niente”.
La prima: “un cuore bello e buono”. Non si dirà mai abbastanza della centralità del cuore. Abbiamo una strana predisposizione a lasciarci abbagliare dall’intelligenza: ma non è questa che in fondo conta di più, è il cuore, dove avviene l’incontro tra bellezza e bontà, tra estetica ed etica. Non si è mai vista una persona buona che non abbia una sua singolare bellezza, e non si dà una persona bella che non sia capace d’insospettati atti di bontà.
C’è un primato del cuore. “Cosa c’è nel mio cuore verso quella persona?”. Questa domanda risolve in radice tanti problemi, è una domanda decisiva.
La seconda: una parola molto dimenticata oggi, “Producono frutto nella pazienza”. La pazienza è il dono più raro e misconosciuto, forse perché l’abbiamo sempre accoppiata a un animo sempliciotto, remissivo e anche un po’ demunito, non troppo “furbo”. La pazienza invece è la vera potenza, potenza di profondità. La pazienza non la capiamo, bisogna entrarci in silenzio, bisogna patirla, bisogna obbedirla. La pazienza è la dimora della pace, porta il frutto della pace.
Il Signore non ci chiede nella vita grandi imprese, ci chiede di non scoraggiarci, di non temere, di rimanere umani, di restare davanti alla porta senza stancarci di bussare. Perché quella porta si aprirà.
fratel Lino della comunità monastica di Bose
Lc 8, 4-15
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.