“Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza non mi sono tirato indietro”. Il servo di Jahwè, è figura centrale ed enigmatica al cuore del libro del Terzo Isaia profeta del tempo dell’esilio: La sua è testimonianza di chi ascolta e segue la chiamata di Dio: “Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio”. Subisce disprezzo e persecuzione per la sua fedeltà al Signore e per questo subisce rifiuto e persecuzione. Nella sofferenza vive fino in fondo una fiducia senza riserve: “il Signore Dio mi assiste… è vicino chi mi rende giustizia”. La presenza vicina del Dio vicino gli dà la la forza per affrontare ingiustizia e violenza: “Ho presentato il mio dorso ai flagellatori… non ho sottratto la faccia gli insulti e agli sputi”. Il servo può essere identificato con la figura di qualche profeta, nella singolarità di una testimonianza che diviene esempio, ma può anche essere interpretato come figura che rinvia all’esperienza di tutto il popolo d’Israele. Racchiude infatti un riferimento collettivo, al popolo che nell’esilio vive la sofferenza ed è chiamato ad appoggiarsi a Dio che libera.
“Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” (Gc 1,27). L’esperienza di fede appare connessa al rapporto con l’orfano, la vedova, e con il povero. Sono queste le persone a cui Dio guarda con benevolenza. Egli è chinato a liberare Israele nella condizione di debolezza e di schiavitù in Egitto. L’esperienza della liberazione da Dio diviene riferimento di cammino per tutto il popolo: farsi testimone della presenza liberatrice, attuare rapporti nuovi di giustizia. Vivere un rapporto autentico con Dio rinvia ad attuare rapporti di cura e solidarietà con la vedova l’orfano e il forestiero. Nella lettera di Giacomo un’esortazione ritorna con insistenza: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?” i credenti sono chiamati a maturare un’attenzione particolare nei confronti dei poveri, e devono porre al centro della loro vita la parola della Scrittura: ‘Amerai il prossimo tuo come te stesso’ (Gc 2,8). Può esserci una fede morta perché privata di una traduzione nella prassi. Banco di prova della fede sta nella relazione con gli altri. Per Giacomo le ‘opere’ sono il germogliare di una fede che chiede di esprimersi in uno stile di rapporti e in una tensione di vita: l’insistenza sulla dimensione comunitaria della vita cristiana costituisce il nucleo del messaggio di questo testo. C’è insistenza su ambiti concreti della vita tra di essi l’uso dei beni e la solidarietà con i poveri contrastando una mentalità di accumulo e di indifferenza verso situazioni di ingiustizia.
A metà del vangelo di Marco emerge la domanda fondamentale che attraversa ogni pagina: chi è Gesù? Questa domanda è collocata in un preciso momento del vangelo: dopo gli entusiasmi provocati dai suoi gesti le folle restano deluse. Gesù non corrisponde alle attese di un messia politico e nazionalistico: non risponde ai desideri di soluzione immediata dei problemi o di ribaltamento politico e non asseconda una religiosità delle osservanze e del privilegio. Il suo agire si pone in una linea diversa. Ai suoi propone la strada del servire in modo concreto coinvolgendo tutta l’esistenza: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti”. A questo punto le folle se ne vanno e Gesù ‘sulla strada’ interroga i discepoli per guidarli ad un incontro difficile e ed esigente: si scontra con la durezza di cuore che impedisce di fidarsi di lui. Solo lui può aprire gli occhi e guarire aprendo la strada a seguirlo. Solo la forza della risurrezione sarà il dono di una luce nuova e della scoperta che ‘egli vi precede in Galilea’.
‘Chi dice la gente che io sia?… E voi chi dite che io sia?’ Alla domanda Pietro risponde “Tu sei il Cristo, cioè il messia, ma il problema che si apre è quale tipo di messia? Gesù inizia a parlare ai suoi di un messia che segue la strada del servizio fino alla sofferenza per rimanere fedele all’annuncio della vicinanza di Dio che inaugura un mondo di rapporti nuovi. Ciò contrasta radicalmente con le preoccupazioni di chi intende mantenere un potere politico o religioso.
“E cominciò ad insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”.
Probabilmente queste parole sono state così elaborate dall’evangelista dopo la vicenda della passione e della risurrezione, ma rivelano la direzione della sua vita. La proposta della sua via che Gesù presenta anche ai suoi come cammino da condividere non è quindi una prospettiva di affermazione e potere ma è quella del dono della vita nella fedeltà all’amore, e per rimanere fedele è disposto sino a morire vittima di una violenza ingiusta. Ciò genera la reazione di Pietro e il conseguente rimprovero di Gesù: ‘tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini’. Gesù richiama Pietro a stare dietro di lui, a mettersi nella posizione del discepolo che deve seguire: “Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua… chi perderà la sua vita per causa mia e del vangelo, la salverà”.
La croce non è innanzitutto luogo del dolore come certa pietà della sofferenza ha portato ad intendere, ma luogo in cui si manifesta come l’amore è l’ultima parola. E’ il segno di una vita vissuta sino alla fine come dono di sé e servizio nell’amore.
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XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
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- Colore liturgico: Verde
- Is 50, 5-9; Sal. 114; Gc 2, 14-18; Mc 8, 27-35
Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 8, 27-35
27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 16 – 22 Settembre 2018
- Tempo Ordinario XXIV
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
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