Il Padre Misericordioso (cfr Lc 15,11-32)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi questa udienza di sviluppa in due posti: siccome c’era pericolo di pioggia, gli ammalati sono nell’Aula Paolo VI e collegati con noi con il maxischermo; due posti ma una sola udienza. Salutiamo gli ammalati che sono nell’Aula Paolo VI. Vogliamo riflettere oggi sulla parabola del Padre misericordioso. Essa parla di un padre e dei suoi due figli, e ci fa conoscere la misericordia infinita di Dio.
[ads2]Partiamo dalla fine, cioè dalla gioia del cuore del Padre, che dice: «Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (vv. 23-24). Con queste parole il padre ha interrotto il figlio minore nel momento in cui stava confessando la sua colpa: «Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…» (v. 19). Ma questa espressione è insopportabile per il cuore del padre, che invece si affretta a restituire al figlio i segni della sua dignità: il vestito bello, l’anello, i calzari. Gesù non descrive un padre offeso e risentito, un padre che, ad esempio, dice al figlio: “Me la pagherai”: no, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore. Al contrario, l’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo e questo lo fa felice e fa festa. L’accoglienza del figlio che ritorna è descritta in modo commovente: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (v. 20). Quanta tenerezza; lo vide da lontano: cosa significa questo? Che il padre saliva sul terrazzo continuamente per guardare la strada e vedere se il figlio tornava; quel figlio che aveva combinato di tutto, ma il padre lo aspettava. Che cosa bella la tenerezza del padre! La misericordia del padre è traboccante, incondizionata, e si manifesta ancor prima che il figlio parli. Certo, il figlio sa di avere sbagliato e lo riconosce: «Ho peccato … trattami come uno dei tuoi salariati» (v. 19). Ma queste parole si dissolvono davanti al perdono del padre. L’abbraccio e il bacio di suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto. E’ importante questo insegnamento di Gesù: la nostra condizione di figli di Dio è frutto dell’amore del cuore del Padre; non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, e quindi nessuno può togliercela, neppure il diavolo! Nessuno può toglierci questa dignità.
Questa parola di Gesù ci incoraggia a non disperare mai. Penso alle mamme e ai papà in apprensione quando vedono i figli allontanarsi imboccando strade pericolose. Penso ai parroci e catechisti che a volte si domandano se il loro lavoro è stato vano. Ma penso anche a chi si trova in carcere, e gli sembra che la sua vita sia finita; a quanti hanno compiuto scelte sbagliate e non riescono a guardare al futuro; a tutti coloro che hanno fame di misericordia e di perdono e credono di non meritarlo… In qualunque situazione della vita, non devo dimenticare che non smetterò mai di essere figlio di Dio, essere figlio di un Padre che mi ama e attende il mio ritorno. Anche nella situazione più brutta della vita, Dio mi attende, Dio vuole abbracciarmi, Dio mi aspetta.
Nella parabola c’è un altro figlio, il maggiore; anche lui ha bisogno di scoprire la misericordia del padre. Lui è sempre rimasto a casa, ma è così diverso dal padre! Le sue parole mancano di tenerezza: «Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando… ma ora che è tornato questo tuo figlio…» (vv. 29-30). Vediamo il disprezzo: non dice mai “padre”, non dice mai “fratello”, pensa soltanto a sé stesso, si vanta di essere rimasto sempre accanto al padre e di averlo servito; eppure non ha mai vissuto con gioia questa vicinanza. E adesso accusa il padre di non avergli mai dato un capretto per fare festa. Povero padre! Un figlio se n’era andato, e l’altro non gli è mai stato davvero vicino! La sofferenza del padre è come la sofferenza di Dio, la sofferenza di Gesù quando noi ci allontaniamo o perché andiamo lontano o perché siamo vicini ma senza essere vicini.
Il figlio maggiore, anche lui ha bisogno di misericordia. I giusti, quelli che si credono giusti, hanno anche loro bisogno di misericordia. Questo figlio rappresenta noi quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio. Gesù ci ricorda che nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili. Non si tratta di “barattare” con Dio, ma di stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce senza misura.
«Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi» (v. 31). Così dice il Padre al figlio maggiore. La sua logica è quella della misericordia! Il figlio minore pensava di meritare un castigo a causa dei propri peccati, il figlio maggiore si aspettava una ricompensa per i suoi servizi. I due fratelli non parlano fra di loro, vivono storie differenti, ma ragionano entrambi secondo una logica estranea a Gesù: se fai bene ricevi un premio, se fai male vieni punito; e questa non è la logica di Gesù, non lo è! Questa logica viene sovvertita dalle parole del padre: «Bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (v. 31). Il padre ha recuperato il figlio perduto, e ora può anche restituirlo a suo fratello! Senza il minore, anche il figlio maggiore smette di essere un “fratello”. La gioia più grande per il padre è vedere che i suoi figli si riconoscano fratelli.
I figli possono decidere se unirsi alla gioia del padre o rifiutare. Devono interrogarsi sui propri desideri e sulla visione che hanno della vita. La parabola termina lasciando il finale sospeso: non sappiamo cosa abbia deciso di fare il figlio maggiore. E questo è uno stimolo per noi. Questo Vangelo ci insegna che tutti abbiamo bisogno di entrare nella casa del Padre e partecipare alla sua gioia, alla sua festa della misericordia e della fraternità. Fratelli e sorelle, apriamo il nostro cuore, per essere “misericordiosi come il Padre”!
Saluti:
[Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese, in particolare il pellegrinaggio degli eletti, sindaci di comuni, nella diocesi di Chartres, come pure il pellegrinaggio diocesano della Corsica, con i loro vescovi. Mentre si avvicina la Solennità della Pentecoste, vi invito a prepararvi, con la preghiera e con le opere di misericordia, a ricevere lo Spirito Santo: che Egli faccia di ciascuno di noi dei figli di Dio riconciliati, accoglienti gli uni verso gli altri. Che Dio vi benedica.]
[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Cina, India, Indonesia, Giappone, Malaysia, Seychelles e Stati Uniti d’America. Nella gioia del Signore Risorto, invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica!]
[Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua tedesca. Quando Dio ci perdona, la sua misericordia riempie il nostro cuore di gioia. L’Anno Giubilare è un invito a fare una buona Confessione, per essere toccati dal Suo divino amore. Dio vi benedica tutti.]
[Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare ai fedeli brasiliani di Araxá. Nel salutare voi, cari pellegrini brasiliani, il mio pensiero va alla vostra amata Nazione. In questi giorni in cui ci prepariamo alla festa di Pentecoste, chiedo al Signore che effonda abbondantemente i doni del suo Spirito, affinché il Paese, in questi momenti di difficoltà, proceda sui sentieri dell’armonia e della pace, con l’aiuto della preghiera e del dialogo. La vicinanza di Nostra Signora Aparecida, che come una buona Madre non abbandona mai i suoi figli, sia difesa e guida nel cammino.]
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Libano e dalla Siria. La Misericordia di Dio, come dimostra la parabola del Padre Misericordioso, non cerca di punire il figliuol prodigo ma di guarirlo e di riportarlo alla figliolanza che perdiamo con il peccato e con la disobbedienza. Chiediamo a Dio di portaci al pentimento, per ritornare a vivere da figli di Dio e da fratelli! Il Signore vi benedica e vi protegga dal maligno!]
[Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi. Venerdì ricorre la memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Fatima. In quest’apparizione Maria ci invita ancora una volta alla preghiera, alla penitenza e alla conversione. Ci chiede di non oltraggiare più Dio. Avverte l’umanità intera della necessità di abbandonarsi a Dio, fonte d’amore e di misericordia. Sull’esempio di san Giovanni Paolo II, grande devoto della Madonna di Fatima, mettiamoci in attento ascolto della Madre di Dio e impetriamo la pace per il mondo. Sia lodato Gesù Cristo.]
[Saluto di cuore i pellegrini slovacchi, particolarmente le parrocchie, gli studenti e i gruppi Le preghiere delle Madri. Fratelli e sorelle, domenica prossima celebreremo la Solennità della Pentecoste. Preghiamo Dio Onnipotente, perché effonda su di noi lo Spirito Santo con i suoi doni, e possiamo così divenire testimoni coraggiosi di Cristo e del suo Vangelo. Con affetto vi benedico tutti.]
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Saluto i pellegrini di lingua italiana, rivolgendo un particolare benvenuto ai fedeli della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, accompagnati dal Vescovo Mons. Francesco Milito e quelli della Basilica di San Sossio in Frattamaggiore, con il Vescovo di Aversa Mons. Angelo Spinillo. Auspico di cuore che il vostro pellegrinaggio giubilare vi rinsaldi nell’adesione a Cristo e nei vostri generosi propositi di testimonianza cristiana.
Saluto i sacerdoti asiatici e africani del Pontificio Collegio Missionario San Paolo Apostolo; l’Istituto Antoniano e la Fondazione San Gottardo, che ricorda i 20 anni di fondazione. Vi esorto a vivere il Giubileo Straordinario in modo da riscoprire l’esigenza delle opere di misericordia corporali e spirituali come nutrimento della nostra fede.
Un particolare pensiero porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domenica prossima celebreremo la Pentecoste. Cari giovani, auguro a ciascuno di saper riconoscere, tra le tante voci del mondo, quella dello Spirito Santo, che continua a parlare al cuore di chi sa mettersi in ascolto. Cari ammalati, specialmente voi ospiti del Cottolengo di Trentola Ducenta, affidatevi allo Spirito che non vi farà mancare la luce consolante della sua presenza. E a voi, cari sposi novelli, particolarmente alle coppie del Movimento dei focolari, auguro di essere nel mondo, trasparenza dell’amore di Dio con la fedeltà del vostro amore e l’unione della vostra fede.
- Fonte© Copyright 2016 – Libreria Editrice Vaticana
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Fonte: Radio Vaticana via FeedRss
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